NOT ALONE

Il testo della canzone “Not alone” dei Linkin Park mi ha fatto subito pensare alla solitudine che provano le madri che decidono di non diventarlo. Molte volte le donne che optano per l’aborto percepiscono solitudine: la solitudine della scelta, nel momento in cui lo fanno e la solitudine davanti al dolore che le accompagnerà.

La solitudine della scelta

Seguendo il testo, leggiamo: “Crollo, la paura sta penetrando – il freddo arriva, correndo attraverso la mia pelle”. Si parla, dunque, della sensazione di essere schiacciate dalla notizia di aspettare un bambino, come se il mondo ci stesse crollando addosso, si parla della paura di una cosa molto più grande di noi, quasi impossibile da affrontare. Perché molto spesso le donne compiono la scelta dell’aborto in solitudine? I motivi si pongono a diversi livelli, da quelli sociali e culturali, a quelli contingenti alla situazione di ognuno. Prima di tutto, va preso in considerazione un punto che, seppur banale, è essenziale: si tratta per la stragrande maggioranza di gravidanze indesiderate. Non tratteremo qui di gravidanze desiderate che si concludono con l’aborto causa malformazioni o altre patologie.

Le gravidanze indesiderate

Per quanto riguarda le gravidanze indesiderate, la donna, molto spesso, è in una relazione precaria e con difficoltà economiche, senza progettualità per il futuro e, quindi, senza un supporto da parte del partner. Non è infrequente, inoltre, che il partner decida di abbandonare la donna o di suggerirle egli stesso l’aborto come soluzione facile e veloce. A livello culturale poi, la donna è lasciata sola poiché è difficile pensare di condividere la notizia di una gravidanza indesiderata e il totale spaesamento del momento con qualcuno che non giudichi. Nondimeno, se la donna viene lasciata dal partner, ella è anche soverchiata da tale sensazione di abbandono.

L’accesso alle informazioni

Un altro elemento, che possiamo collocare sempre come culturale, e potrebbe sembrare meno importante, è il facile accesso alle informazioni sulle cliniche abortive tramite internet e la tecnologia. La donna, come qualsiasi altra persona, quando naviga nel web è sola e pensa di trovare in un determinato sito tutte le informazioni di cui ha bisogno per compiere la scelta. Ecco che, la scelta, perlomeno nella maggior parte dei casi, è segreta, maturata nella solitudine e nel timore del giudizio.

La solitudine nella sofferenza

Le donne sono lasciate sole anche dopo aver abortito. Quando, nel silenzio dei loro cuori, capiscono di aver sbagliato, non ne parlano con nessuno e tengono questa sofferenza tutta per sé. Il Cristianesimo ci insegna, invece, che serve qualcuno con cui portare le nostre croci affinché esse siano più sopportabili. Il supporto emotivo e psicologico dopo tale evento dovrebbe essere garantito anche dalla legge 194, anche se è già molto raro ci sia prima dell’aborto. L’aborto, anche se scelto coscientemente, resta un lutto. Nonostante ciò, la società non lo riconosce come tale. Stesso discorso anche per gli aborti spontanei: rimangono dei lutti vissuti ed elaborati tra le mura domestiche, senza il sostegno sociale che è, invece, garantito alla morte di una persona adulta.

La percezione di essere non-madre

La donna che ha abortito potrebbe sentirsi una non-madre. Scelgo questo termine perché è la negazione di una realtà che ha vissuto con la gravidanza, anche se per poco. Questa percezione di essere la negazione di qualcosa ricorda molto il processo stesso dell’aborto che consiste, essenzialmente, nel rendere vuoto l’utero della donna che era “pieno”. Si può dire, dunque, che l’aborto è la negazione di una vita umana e l’aver compiuto questo gesto può portare la donna a sperimentarlo anche nella definizione di sé. Il testo della canzone esprime bene la sensazione di inoltrarsi nel mondo inesplorato della sofferenza ove si sperimenta spaesamento e solitudine: “Tu vai, rinunciando alla tua casa – vai, lasciando tutto quello che conosci”.

Lenire la ferita

È stata scelta la parola “lenire” e non “curare” per un motivo ben specifico: questa ferita si può attenuare, ma non cancellare. Solo per Dio è cancellata totalmente se vi è pentimento, ma ci sono diverse testimonianze che riportano come per le donne si tratta di un dolore così grande che si protrarrà per tutta la loro vita. Per le donne con fede potrà essere occasione di santità, diversamente da chi si lascia trasportare dalla disperazione tutta umana.

Stare accanto alle donne

La Chiesa è una voce fuori dal coro poiché si offre di starti accanto, anche se non condivide la scelta. In fondo, Dio fa sempre così: sta accanto e perdona tutti noi peccatori; non condivide il peccato, ma ama il peccatore. La cosa che ci consola è che Cristo ha già versato tutto il sangue, ha già vissuto tutto il dolore sulla Santa Croce di tutti i nostri peccati (già compiuti e futuri). Dio è già stato nei luoghi più bui dei nostri peccati.

La Chiesa fatta di volti

Chiaramente, non vediamo Gesù, ma la Chiesa è fatta di volti, di mani tese verso i bisognosi. Pensateci: chi ascolta il pentimento e il dolore di una donna che ha compiuto un aborto? I sacerdoti. Anche i volontari del Movimento per la Vita e del Centro Aiuto alla Vita. È un argomento taboo, di cui non si può e non si vuole mai parlare. L’aborto è un diritto e, in quanto tale, chi ne usufruisce viene osannato dal popolo del mainstream, ma quando ella soffre e piange in silenzio lacrime di pentimento, ecco che viene abbandonata, nascosta, perché non serve più ai loro scopi. Concludo con il testo della canzone, con un messaggio di speranza e pace: “Vai, non sei sconosciuto – tu non sei solo”.

Link alla canzone

Virginia Banfi