12.000.000.000 ( dodici miliardi) di euro a spese dei contribuenti per eliminare 6.000.000 di piccoli italiani innocenti

Avevamo già pubblicato un articolo in merito al costo dell’applicazione della legge 194/78, che permette in Italia l’interruzione della gravidanza.  È ora disponibile un aggiornamento  da una pubblicazione di Provita e famiglia, che abbiamo ricevuto grazie alla cortesia della dott. Francesca Puleggi, membro del consiglio direttivo, pubblicazione dalla quale estrapoliamo alcune pagine.

Le cifre sono spaventose: dodici miliardi di euro dal 1978 al 2018( anno ultimo della rilevazione) rappresentano una spesa, per così dire, negativa, cioè senza che incrementi interessi a vantaggio dello Stato. Non si tratta, cioè, di un finanziamento, di una prospettiva in crescita, per i cittadini, ma di un costo senza alcun beneficio. E stiamo parlando solo dal punto di vista economico.
Se però riflettiamo sul fatto che i “ protagonisti”, per così dire, dell’aborto, sono molti, dobbiamo per forza di cose pensare anche ai risvolti umani.

Il bambino non nato

Ecco il primo, il protagonista non visto, non interpellato, ma presente nella vicenda dell’aborto. Il cuore del piccolo inizia a battere a 18 giorni dal concepimento, quando ancora la mamma non sa nemmeno di essere incinta ( leggi qui il nostro articoloQuando inizia a battere il cuore di un bimbo? Gli argomenti a favore della vita(Video)

Quale che sia il metodo abortivo prescelto, cioè  farmacologico o chirurgico, pillole post- contali o spirale, l’esito sarà esattamente lo stesso: la soppressione del piccolo.

La mamma in attesa

La donna che resta incinta, immediatamente, è madre: non sa di esserlo, forse non vuole esserlo, ma la biologia e la psicologia non mentono. Tutto nel suo essere si modifica per dedicarsi al bimbo che, freneticamente, comunica con la sua mamma. Si parla di “ protagonismo biologico dell’embrione”, ma la comunicazione è biunivoca, mamma e bimbo si “parlano” con un linguaggio ormonale che si tradurrà, nel tempo, in una relazione per sempre.

Il padre del bimbo

Troppo spesso emarginato, ignorato, escluso dalla scelta che la donna compie nell’aborto, a causa della legge 194 che assegna alla madre, e a lei sola, il diritto di interrompere la gravidanza, anche all’insaputa e contro il volere del padre, l’uomo – padre mancato, soffre, cerca talvolta disperatamente di opporsi alla decisione della donna, senza averne le possibilità legali. Questa cancellazione del ruolo paterno, nell’arco di 45 anni di applicazione della legge, ha “ fatto cultura”, ha contribuito a causare una modificazione nella figura maschile, nell’uomo, ridotto, nell’immaginario collettivo, a semplice “ inseminatore” , uomo-oggetto.

Gli operatori medico-sanitari

I medici che praticano gli aborti, che dispensano pillole abortive, che inseriscono spirali, sono “ complici” della sparizione di 6.000.000 di piccoli ( ma nella realtà sono molto più numerosi) . Gli obiettori sono i professionisti che, ben conoscendo la vera natura dell’aborto, sapendo per formazione scientifica che la vita umana inizia dal concepimento, si rifiutano di andare contro quel Giuramento di Ippocrate che imponeva di “ non dare mai un farmaco abortivo ad una donna”(V-IV secolo a. C.!).

La società

Quali effetti sulla società? Pensiamo alle mamme mancate, che soffriranno per sempre della sindrome post-abortiva, per sempre attanagliate dal rimorso di aver rinunciato al proprio bimbo. Come dimostrato al convegno di Macerata, sulla salute della donna, i numeri dei tentati suicidi, delle depressioni, del rischio di malattie mentali nelle donne con una o più storie di aborti, sono incrementati enormemente rispetto alle donne che non hanno avuto aborti o che hanno avuto parti. Riportiamo alcune passaggi con le percentuali: “Elliott Institut , un Istituto americano che si occupa eminentemente di situazioni post abortive.

Uno studio, svolto su donne che avevano abortito volontariamente, ha rilevato che 8 settimane dopo l’ i.v.g. il 44% presentava disturbi mentali, il 36% disturbi del sonno, il 31% si era pentito e l’11% si era fatto prescrivere psicofarmaci dal proprio medico di famiglia. Un altro studio ha rilevato che le donne che abortiscono hanno una probabilità molto più alta, rispetto alle altre, di essere ricoverate successivamente in un reparto psichiatrico.”(…)

In uno studio australiano (Dingle et alii), le donne che avevano abortito avevano il 155% in più di probabilità di manifestare tendenze al suicidio e il doppio di probabilità di soffrire di problemi psicologici e psichiatrici, un rischio più alto di problemi legati all’ansia del 34% e di depressione del 37%.

Una donna in tali condizioni, più o meno conclamate, può trovarsi ad occupare nella nostra società ruoli professionali anche impegnativi, di relazione con il pubblico…quanto influirà sul lavoro e sui rapporti sociali un’eventuale instabilità emotiva? Quanto “ vale” il dolore della donna nella nostra società? A chi interessa? Certo non allo Stato, che si limita a certificare l’accesso della donna all’applicazione della legge, senza poi minimamente curarsi delle conseguenze.
Si può quindi concludere che la legge 194 rappresenta un vero e proprio fallimento per lo Stato, dal punto di vista economico e umano.

Le associazioni di volontariato

La persona è preziosa, unica, irripetibile. Questo il punto nodale delle associazioni di volontariato che accolgono donna, bimbo, padre, famiglie intere in difficoltà per la gravidanza e per l’aborto.

Movimento e Centro di aiuto alla vita , Difendere la vita con Maria, realtà presenti in tutta Italia, possono accogliere senza giudicare, senza chiedere, nell’ottica sacra dell’ospitalità globale, complessiva, del tutto priva di discriminazione.

Se sei in difficoltà per la gravidanza, telefona o scrivi al  Movimento per la vita di Varese.

Non sei sola!