Mesi e mesi chiusi in casa, una solitudine forzata

Tempi confusi quelli del Covid, una confusione di idee e di sentimenti che riguarda un po’ tutti i campi della vita sociale, economica, politica e culturale e ne risente anche  il campo dei valori e della morale. Le misure di prevenzione del contagio hanno imposto una distanza fisica che si riflette a livello psichico. La paura è un’emozione talmente potente da farci stare tutti molto vigili, protetti e distanziati. Da un lato urge il bisogno di uscire all’aria aperta, di movimento, e dall’altro il desiderio di incontrare gli altri non scevro di timore per un incontro troppo ravvicinato.

Temiamo una contaminazione… eppure viviamo vicini a chi si trova in difficoltà, a chi ha perso il lavoro, a chi non riesce più ad arrivare alla fine del mese. Nel mondo e in Italia, la povertà avanza a gambe levate e la disuguaglianza è un fenomeno globale: anziani, ma non solo, anche giovani con poche speranze di futuro: sono circa duemila i ricchi nel mondo che detengono più ricchezza di 4 miliardi e mezzo di persone. Una situazione che tocca anche l’Italia, dove, a metà 2019, la quota di ricchezza in possesso dell’1% più ricco superava quanto detenuto dal 70% più povero. Un Paese, l’Italia, oggi ancora più bloccato dopo l’epidemia di Covid-19.

Ritrovarsi più poveri ovunque nel mondo

Tempi duri per tutti dunque, tempi di incertezza per i nostri giovani e per chi è più maturo e si scopre improvvisamente “a rischio”. Ci capitava spesso quando vedevamo venirci incontro un mendicante e provavamo una sorta di fastidio, cercavamo di distogliere lo sguardo dalla sua miseria e ci allontanavamo in fretta. Adesso siamo noi stessi a scoprirci poveri e temiamo che gli altri “sfuggano” al nostro incontro, ci siamo scoperti improvvisamente “fragili”. Temiamo per i nostri risparmi in banca, frutto dei sacrifici di un’intera vita. Se abbiamo delle proprietà, non riusciamo a venderle per la crisi del settore. Se abbiamo dei figli che vogliono fare famiglia, non siamo sicuri di poterli aiutare. Se un figlio non riesce a trovare lavoro, ci sentiamo feriti e soffriamo in silenzio per la sua mancata realizzazione.

Una povertà che va al di là del denaro e del senso di potere che essa comporta

Ci siamo risvegliati una mattina senza sentire alcun suono e abbiamo pensato alla sordità incipiente; potrebbe trattarsi solo di un banale tappo di cerume ma come ci sentiamo di colpo disorientati, fragilissimi! Nel fare una passeggiata, abbiamo appoggiato male il piede in terra e ci siamo ritrovati sotto i ferri in ospedale. Ora con la gamba ingessata, abbiamo bisogno di essere aiutati e ci sentiamo improvvisamente diversi, più fragili. Il bambino che ha fatto ingresso nella vita e nella nostra famiglia portando gioia e speranza si è ora ammalato e piange senza interruzione; abbiamo il cuore devastato e ci sentiamo impotenti, fragili. I nonni se ne sono andati in cielo, lasciandoci un grande vuoto; ci sentiamo per la prima volta “orfani”, così incerti e fragili! E sono stati tanti coloro che abbiamo amato e che ci hanno lasciato per il contagio in questa fine inverno e inizio di primavera 2020.

Dopo la Pandemia con uno sguardo nuovo, più umano

Noi prima del Covid, di fronte alla sventura altrui, ci ritiravamo nel nostro mondo tranquillo, lontano da quello che consideravamo “il male” dell’altro. E se il male invece era proprio in “noi”? Noi con il nostro cuore cinico, freddo, indifferente? Noi meschini, egoisti a pensare principalmente alla nostra tranquillità? Infatti, da giovani pensiamo superficialmente alla nostra immagine, alla bellezza esteriore e ci facciamo migliaia di selfie davanti allo specchio. Da adulti ci concentriamo nel nostro successo, pensiamo sempre al guadagno e diventiamo avari. Dopo il Covid tutto questo è cambiato: la nostra consapevolezza della precarietà della vita si è acuita, ancora non lo diciamo, non confessiamo nemmeno agli amici più cari che ci sentiamo più fragili ma anche più veri.

L’umanità vera che cerca i valori per cui vivere

Questo è l’uomo vero: una mente che riflette sul significato della vita, perché ha rischiato di perderla. Come dopo una guerra, le energie compresse esplodono in nuovi progetti di vita, così la pandemia ha provocato una ripercussione nel profondo di ciascuno di noi. L’uomo autentico, nobile, è colui che sceglie i valori che contano come la verità, la giustizia e la pace. La speranza nella vita, la generatività. Come tutte le nuove coraggiose mamme che hanno partorito nuove vite proprio in questi mesi di precarietà. In tempi di incertezza economica, sono ricchi di umanità quei giovani che hanno saputo scegliere di “studiare” con serietà facendo magari dei sacrifici. Costori sanno che senza un valido titolo di studio non avranno buone basi culturali ed economiche per costruire il proprio destino. Gli uomini veri scelgono di impegnarsi nella società accanto ai più bisognosi, gratis. Decidono di vivere con semplicità e autenticità e sanno risparmiare senza sprechi.

Più uniti lungo la strada della vita

Adesso non ci sono più loro, gli emarginati, da una parte della strada e noi, i benestanti, al lato opposto, sull’altro marciapiede. Ora siamo tutti in mezzo alla strada della vita, perché ci siamo ritrovati tutti molto simili, più fratelli. L’uomo che cammina al nostro fianco ha forse perduto tutto, anche la ragione. Tra la folla che va vediamo quello che ha il cuore chiuso, devastato dalla violenza subita nell’infanzia. Intorno a noi, ci sono anche quelli che non hanno saputo scegliere il bene e hanno pensato solo al proprio piacere. Li vediamo dipendenti, prigionieri dei propri vizi, incuranti ormai degli altri, hanno lo sguardo perso e la bocca aperta. Ma noi, la nuova umanità che opera per il bene, sappiamo che anche dietro tutti quei corpi feriti, ci sono esseri umani da curare, da consolare, da aiutare a ritrovare i veri valori per cui vivere.

Insieme tutti fratelli verso il Mistero

La folla che cammina lungo la strada della vita, condivide la propria finitudine e si dirige verso il comune destino di morte. E’ proprio questo destino misterioso e inevitabile che ci impone di darci la mano lungo il cammino. Nell’aria risuona ancora la voce di Gesù che dall’alto della croce, mentre sta per morire, si rivolge alla propria madre e dice: «Donna, ecco il tuo figlio!» e al discepolo Giovanni: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. (Giovanni 19,26-27)