“Sex education” è una serie originale Netflix, ovvero un telefilm che è stato diffuso sull’emittente internet-televisiva più seguita degli ultimi anni. I dati ufficiali (che però non sono verificabili) dicono che 40 milioni di persone si sono appassionate alle vicende di Otis e Meave, due adolescenti alle prese con l’ipersessualizzazione della scuola superiore. Inizialmente non avevo intenzione di guardare la serie. Mi sono bastati Berverly Hills 90210 e Dawson Creek per chiarirmi l’etica che gli statunitensi esportano nel resto del mondo: quel miscuglio ben ordinato di pragmatismo e libertinismo che utilizza i sentimenti per abolire l’oggettività della morale a favore di un’esaltazione sconsiderata dell’arbitrarietà.

“Se ti piace va bene”

“Se ti piace va bene” riassume tutta questa filosofia, come aveva ben descritto Gabriele Kubie nel suo La rivoluzione sessuale globale (Sugarco, 2018). Dobbiamo però aggiungerci: “Basta che non critichi il sistema”, poiché è ormai sotto gli occhi di tutti cosa succede a chi si oppone al Nuovo Ordine Mondiale. Gender, femminismo ed omosessualismo non possono essere messi in discussione. Quando ascolto la radio e il telegiornale, gli intellettuali di destra e quelli di sinistra, gli influenzer e i professori, sembra che tali valori siano forti e vitali, proprio come potevano esserlo la libertà, l’uguaglianza e la fraternità ai tempi della rivoluzione francese. A me, invece, paiono la vecchia solfa di un mondo secolarizzato che ripropone continuamente una ricetta già erronea in partenza. Non avevo dunque motivo per impiegare del tempo nell’ultima trovata divulgativa del Nuovo Ordine Mondiale.

Però i ragazzi la guardano. Alcuni mi hanno fatto delle domande. Altri vedo che ne prendono spunto per le loro riflessioni. Insomma: mi sono convinto ed ho guardato gli otto episodi della prima stagione.

Sex education è una serie pericolosa

Al termine, con molta più consapevolezza di prima, emetto un giudizio netto: “Sex education” è una serie pericolosa che veicola dei contenuti sbagliati ed educativamente fuorvianti. Non è bene, dunque, che i ragazzi la guardino. Siccome però non è possibile impedirne la diffusione, vorrei aiutare i genitori nel compito educativo a cui sono chiamati con tre riflessioni.

1) La sessualizzazione

La prima riguarda la sessualizzazione. Quando frequentavo l’università le intelligenze della psicologia accademica parlavano di “affettivizzazione della scuola” ovvero di un processo di cambiamento per cui gli adolescenti (ed anche indirettamente le loro famiglie) domandavano e demandavano alla scuola non solamente una funzione educativa-informativa, istruttoria, centrata sull’apprendimento di nozioni, ma anche una di tipo educativa-formativa, maturativa della personalità, dove gli aspetti affettivi prendevano il posto di quelli cognitivi. Se tale lettura poteva far sorgere qualche perplessità già all’epoca, ora è certamente da modificare: non parliamo più di “affettivizzazione” ma di “sessualizzazione della scuola”. In “Sex education” è impressionante come il mondo dei sedicenni ivi ritratti ruoti attorno agli atti sessuali. Vi sono dei personaggi che decidono di “fare sesso” senza alcuna conoscenza previa del “partner”, come se il bisogno pulsionale avesse la priorità su quello affettivo. Non è però così nella realtà: i desideri sessuali nascondono sempre dei bisogni di altro tipo, generalmente di tipo affettivo (sentirsi amati così come si è). L’uomo desidera la felicità prima ancora del piacere o del godimento, tant’è vero che se ha questi ultimi ma non la prima si deprime, diventa cinico, disperato. È bene richiamare la verità di questo principio antropologico – che il telefilm vuole sovvertire – domandandosi: “Che cosa sto cercando dentro questa esperienza?”.

2) L’assenza dei genitori

Secondo aspetto: quando i genitori latitano (specialmente i papà) i figli si adultizzano. Il protagonista Otis, il cui padre psicologo è scappato via con un’altra donna (sua paziente, per giunta), diventa un consulente sessuale. La sua amica Meave, abbandonata da entrambi i genitori, vive da donna emancipata in tutto e per tutto. Eric, migliore amico di Otis con tendenze omosessuali e di travestitismo, ha un papà che non ha mai alzato la voce. Il padre di Adam, un compagno di scuola scorbutico e triste, è invece disprezzante e legalistico, incapace di guardare il figlio in modo umano. L’atletico Jackson, che soffre di attacchi di panico e brilla nello sport per piacere agli altri, ha come genitori una coppia di lesbiche. Cari papà: sveglia(moci)! La stessa filosofia che ci viene propinata e che il mondo assume per comodità, quel “se ti piace va bene (basta che non critichi il sistema)” mette implicitamente in evidenza che c’è bisogno di uomini saggi e pazienti, forti e coscienziosi. Solo con l’esempio potremo tirare su una generazione di figli non smidollata, edonista, opportunista e qualunquista.(leggi qui l’articolo del dott. Parenti sulla figura del padre) C’è bisogno di padri eroici, che incarnino con l’esempio quotidiano le virtù che rendono l’uomo padrone di sé stesso e della propria natura, che non è pulsionale, come quella degli animali, ma razionale. Senza un’affettività intelligente, attenta e sensibile, allenata da sane letture e forgiata in attività dai principi retti, come lo sport e le amicizie, sarà ben arduo mantenere vivo il desiderio del bene quando richiede pazienza, perseveranza e fiducia. È interessante a tal proposito l’unico uomo degno di tal nome che il telefilm porta in scena: si tratta di un papà vedovo, che si innamora (povero lui!) della sessuologa mamma di Otis. È un idraulico tuttofare, come la figlia allegra e sincera che ha accudito. Non è di tante parole e non dà minimamente peso al linguaggio non verbale (cioè non onesto) delle donne con cui ha a che fare. Lui le guarda dritte negli occhi, come creature degne di essere trattate da persone. Quando si concede ad una donna si dichiara formalmente, e quando viene trattato da oggetto sessuale non ci sta: a lui interessa un rapporto vero, cioè umano. Certo, nel telefilm non è un personaggio perfetto. Però fa sberluccicare la virilità così come dovrebbe essere. Ed infatti la mamma di Otis ne rimane attratta come di nessun altro uomo (considerando che ne cambia uno al giorno).

3) L’ossessione per l’atto sessuale

Un ultimo aspetto, questo positivo anche se nascosto. Ogni personaggio del telefilm è ossessionato dall’atto sessuale e ne presenta una problematicità. Si potrebbe riassumere: l’ossessione porta a vivere la sessualità in modo insano. Da dove nasce questo atteggiamento? Proviamo a guardare le famiglie in cui crescono gli adolescenti. Otis ha visto il padre tradire sessualmente la madre; da allora non riesce ad avere un rapporto sereno col proprio corpo. Meave è stata abbandonata da entrambi i genitori e, come compensazione, cerca l’amore negli atti sessuali. La famiglia di Erik è sbilanciata sul polo affettivo delle relazioni, lui prova delle tendenze omosessuali proprio come Adam, la cui famiglia, all’opposto, è sbilanciata sul polo normativo. “Dulcis in fundo” il simpatico Jackson, senza papà poiché cresciuto da una coppia di donne lesbiche, descritte come perennemente in lite e tenute insieme unicamente dalla sua presenza, visibilmente squilibrate anch’esse una sul polo normativo, l’altra su quello affettivo. In altre parole: quando la famiglia è disfunzionale non ci si può aspettare nient’altro che guai. Nel marasma generale, in cui gli adulti non sono tali e i figli scimmiottano malamente il mondo dei grandi – con serie conseguenze per entrambi – non può esserci alcun punto di ripartenza se non la riscoperta della sana, semplice e onesta famiglia tradizionale. Quella in cui il papà è disposto ad impegnarsi per i propri cari sino alla morte, in cui la moglie si sottomette volontariamente all’autorevolezza del pater familias, e in cui i figli diventano virtuosi poiché ascoltati, guardati e specialmente trattati da regali tanto preziosi da essere custoditi poco meno degli angeli.

 

Stefano Parenti è nato e cresciuto a Sanremo, ma da più di dieci anni vive ed opera a Milano in qualità di psicologo e psicoterapeuta. Lavora nell’ambito della sofferenza psichica, anche nel contesto dell’adolescenza

e della disabilità. Ha condotto gruppi di educazione all’affettività, collaborando al Servizio Informafamiglia del Comune di Milano con cui è tuttora impegnato presso un Centro Diurno Disabili.

Opera inoltre presso un Consultorio Familiare sempre di Milano.

Oltre al proprio studio professionale, attualmente gestisce il Presidio Socio-Psicologico di un’importante azienda milanese ed opera presso un Centro Diurno per minori ed un Centro di Aggregazione Giovanile. Ha redatto alcuni articoli per le riviste Future Shock, Cultura Cattolica, La Nuova Bussola Quotidiana, Ipnosi e Psicoterapia Ipnotica e La Croce. Co-dirige il blog di approfondimento Psicologia e Cattolicesimo. Recentemente è stato omaggiato dal Premio “Agostino Massone” per la tesi di specialità dedicata al Rinforzo dell’Io come pietra angolare della psicoterapia. Fatherless è il suo primo libro.

E’ autore del libro “Magda Arnold, psicologa delle emozioni“.