Questa estate sono stata in vacanza a Calvì, in Corsica, e vi ho trovato, oltre alle tante bellezze del luogo, anche la bella piscina coperta comunale. E’ stato un bel nuotare, gradevole in un ambiente pulito e ordinato. Nello spogliatoio, il mio sguardo è caduto subito su di un cartello appeso che diceva: “Grazie per l’utilizzo delle cabine per cambiarvi affinché possa essere preservata l’intimità di ciascuno“.

Proteggere, difendere l’intimità di ogni persona. Parole come musica per le mie orecchie. Parole dimenticate, non solo nelle nostre piscine ma un pò ovunque nelle palestre, nello sport, nella moda, nella pubblicità, al cinema…

Oggi il concetto stesso di pudore sembra vetusto e non più adatto alla modernità.

Siamo ormai abituati a vedere corpi seminudi sempre più di frequente nella pubblicità, per qualunque tipo di prodotto. E’infatti una costante l’esibizione del proprio corpo semiscoperto nei punti strategici da parte di cantanti e attori, o di personaggi in cerca di notorietà come nei reality show. I pantaloni basici strettissimi vengono indossati con estrema disinvoltura e talvolta sembrano quasi trasparenti.

La moda stessa sta cambiando e la fluidità e l’incertezza del tempo presente si riflette nella oscillazione di tendenza tra vecchio e nuovo, tra classico e avanguardia. I tessuti stessi sono sempre più ecologici, sostenibili, stretch, sensuali e raffinati come indicano le tendenze di filati e stoffe per il 2022 e 2023, emerse dalla 89 ma edizione di Pitti Immagine Filati, il salone di riferimento per i filati e la maglieria a livello internazionale, appena conclusosi.

A Sanremo 2021 hanno colpito le mise dei cantanti tra cui i pluripremiati Moleskin che ora giocano con i loro corpi sempre più nudi per lanciare le loro canzoni e continuare a stupire, ad attirare i loro fans tramite la “provocazione”.

Pudore come consapevolezza della propria debolezza e vulnerabilità

Il pudore è un senso di riserbo, quel bisogno di coprirsi, di proteggersi, di non svelare facilmente il proprio corpo, nelle sue parti più intime. Una forma naturale di pudore è sinonimo di discrezione e quando non diventa un’idea fissa, un’ossessione, è segno di equilibrio di personalità, di prudenza, di dignità e di libertà. E’ un atteggiamento che ci distingue e ci separa dal mondo animale.

Nel libro “La forza del pudore. Per una filosofia dell’inconfessabile” di Andrea Tagliapietra, ed. Rizzoli, l’autore, nel primo capitolo, spiega dapprima la differenza, in questo ambito, tra l’animale e l’uomo: “L’animale ci appare senza pudore non perché sia nudo, ma perché non ha la necessità di coprirsi. L’animale, infatti, si trova nella condizione di essere sempre invariabilmente vestito della propria animalità, mentre l’uomo percepisce nella sua nudità uno stato rischioso di umiliazione e di pericolo. Scoprire di essere nudo significa accorgersi di essere venuto al mondo: ogni essere umano viene nudo alla luce, ma solo in un secondo momento guadagna anche la coscienza di esserlo…

 Il tema del pudore viene inquadrato partendo dal testo archetipico del mito genesiaco di Adamo ed Eva e del peccato originale, da cui nasce storicamente la trattazione del pudore. Lì, nella genesi della cultura ebraico-cristiana, la nudità è la nuda vita esposta alla violenza possibile, ma anche alla punizione divina. E’ qui che nasce il senso di colpa e il timore del castigo. Adamo ad un certo punto scopre di essere un bersaglio possibile, di essere esposto ad un eventuale attacco mortale. Adamo quindi, con la nudità, scopre anche la propria mortalità. Il pudore non è nient’altro che una compassione del corpo e per il corpo… La forza del pudore è, di conseguenza, l’irrevocabile presa di coscienza, il riconoscimento concreto della nostra impotenza e della nostra debolezza.”

Antropologia del pudore

Nella bella recenzione di Claudio Tugnoli leggiamo: “Nell’affresco di Masaccio, che l’autore cita nel primo capitolo, Adamo non si copre i genitali, ma il viso, il luogo dell’identità «più propria e insurrogabile» e lo fa con entrambe le mani. Il suo gesto esprime dolore e vergogna, paura e senso di colpa. Il gesto con cui il senso di colpa ci spinge a coprirci, a nasconderci, è tutto ciò che ci separa dall’animale. Perciò la vergogna e il pudore sono tratti ontologicamente fondamentali e decisivi, non modi di sentire storicamente determinati e contingenti.

Secondo Tagliapietra il pudore si fonda sul segreto, il segreto inteso non come ciò che si raccomanda di non dire, ma come ciò che non si può ridurre a qualcosa che è o non è. Se il segreto è incondizionato, allora esiste il pudore.

La smania di svelare il corpo per mostrarlo tale e quale è deriva dall’ ideale moderno di trasparenza e di totale sincerità: la nudità è ritenuto qualcosa di naturale, ne consegue che non ci sia nulla di male nel mostrarsi nudi agli altri, veri, autentici e senza trucchi. Siamo infatti nella civiltà dell’immagine e dello spettacolo in cui i corpi esibiti diventano “oggetti” pubblici ad abolire la proprietà privata dello spirito.

Tuttavia, anche l’animale è diretto e autentico nell’espressione (Helmuth Pessner) ma solo la raffinatezza dell’allusione e nella cultura del contegno e del pudore l’uomo è in grado di manifestare non solo la completa padronanza di sé, ma l’esistenza stessa di sé.

E’ venuto il momento di dire basta, abbiamo passato il limite!

Tagliapietra ci dice che ormai abbiamo superato il confine perché abbiamo valorizzato il sentimento opposto al pudore, cioè la spudoratezza. Nella Cacciata dal Paradiso terrestre di Masaccio, l’autore spiega così il pudore nel racconto di Adamo ed Eva: “Si tratta, cioè, di quel gesto più antico che ci separa e ci distingue dal mistero della vita animale. L’animale, infatti, si trova nella condizione di essere sempre invariabilmente vestito della propria animalità, mentre l’uomo percepisce nella sua nudità uno stato rischioso di umiliazione e di pericolo. Qualcosa da difendere, qualcosa a cui porre rimedio, ma anche qualcosa che ci fa rimpiangere quel frangente originario e immemorabile in cui immaginiamo come realmente possibile la perfetta sospensione da qualsiasi bisogno… La metamorfosi dell’orgoglio (un orgoglio egoista e spudorato di credersi autosufficienti) traduce, nel fallimento della sua volontà di potenza, il senso di una perdita originaria del valore e  Bonhoeffer dirà in proposito: L’uomo si vergogna perché ha perduto qualcosa che formava parte del suo essere originale, della sua integrità; si vergogna di essere stato messo a nudo“.

Il pudore è la pelle dell’anima

Nella riflessione di Socrate, il pudore è il colore della virtù. Per Platone e Aristotele il pudore, tipico della gioventù, (Aidôs in greco antico) si trova a metà tra il rifuto e la spudoratezza; è un’emozione del tutto inconsapevole, si tratta dell’ impulso di un momento che sorge all’improvviso e che implica vergogna, cioè paura del disonore e, più esplicitamente, il timore della disistima da parte dell’altro.

Per Gianbattista Vico, il pudore è una sorta di sapienza dei sensi, di anticipazione sensibile della norma. Il pudore perciò non va inteso soltanto come nozione di limite tra umanità e animalità, bensì come qualcosa simile a “la pelle dell’anima“, che separa e distingue l’individuo dalla società. Trovo che in tale accezione poetica, il pudore assomigli alle meravigliose atmosfere rarefatte del pittore Valentino Vago, uno dei più grandi artisti della pittura astratta italiana.

E’ suggestiva l’interpretazione di Martin Buber sulla storia di Adamo ed Eva, definita come una vicenda intessuta “di gioco e di sogno“: “Immersa nella visione quasi allucinata che hanno esercitato su di lei le parole del serpente, la donna coglie e mangia il frutto. Lo porge all’uomo che ne mangia anche lui, di cui non ci è stata finora riferita né parola né reazione. Lei sembra avida di sogno, lui addiritturaintorpidito nel prendere e nel mangiare. Qui l’inebriamento precede la colpa, il sogno genera l’illusione e l’inganno. I due colpevoli non sanno quello che fanno; anzi, possono solo agire, non sapere. La coppia originaria cade nel peccato, non lo sceglie…” Perciò il pudore coincide con la nascita della coscienza.

Man mano che ci si avvicina all’età moderna, il pudore, da dato antropologico che distingue l’uomo dalla sua animalità, diventa risorsa psicologica, sottile barriera che unisce e contemporaneamente separa il sé dagli altri, l’individuo dalla società. Simbolo materiale del pudore diventa il velo.

Erotismo e sensualità hanno bisogno del pudore come i pesci dell’acqua, sentenzia Andrea Tagliapietra nel suo saggio, come nel rito dello strip-tease, in quel fascino dell’ambivalenza e della tesa sospensione del desiderio, ovvero del suo inesausto rinvio. Ma questo velo, a detta dei moralisti, è una forma di pudore falso che alimenta le dinamiche della seduzione erotica e la tensione del desiderio amoroso.

Nell’opera di Artemisia Gentileschi, Susanna e i vecchioni, invece c’è un pudore vero, rappresentato da fastidio, repulsione e timore-paura per la meschina e odiosa brutalità maschile.

Per Dürr la nozione di pudore va destoricizzata: la nudità umana è sempre connessa, in un modo o nell’altro, con l’erotismo, con il desiderio e con la stimolazione sessuale e, di conseguenza, va sempre sottoposta al controllo degi istinti valido ovunque e in ogni epoca.

E’ questo il fondamento del pudore, il tratto che distingue una società umana da un gruppo animale, l’urgenza che porta in modi diversi ogni cultura a dissimulare e a nascondere la nudità. Il pudore quindi è profondamente iscritto nella relazione fra l’individuo e la società ove diventa lo spazio del sé segreto: infatti dietro il pudore sta il segreto della libertà di ciascuno di noi.