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Il film 
Il film del 2010 è ispirato al reale esperimento di Philip Zimbardo nel 1971 all’Università di Stanford in California. Il finale del film si discosta dal reale esperimento, in quanto quest’ultimo verrà interrotto per questioni etiche.
La trama
Il ricercatore seleziona ventiquattro uomini bianchi disposti a partecipare al suo esperimento per due settimane dietro compenso. Il sotterraneo dell’università diventa una piccola prigione e Zimbardo assegna casualmente il ruolo di guardia e prigioniero. Vi è una differenza di ruolo denotata anche dall’abbigliamento, infatti le guardie indossano una divisa, sono dotati di manganelli e occhiali a specchio che permettono loro di non far capire a chi li sta guardando le emozioni che provano e dove stiano guardando. I prigionieri possono essere chiamati solo col proprio numero identificativo. Si mette in atto, dunque, il processo di deindividuazione, concetto introdotto da Le Bon. Quest’ultimo può essere definito come la perdita di autoconsapevolezza e autocontrollo che l’individuo sperimenta quando agisce all’interno di dinamiche sociali e di gruppo.
Molto velocemente gli uomini si immedesimano nei ruoli e dopo solo quattro giorni la situazione di repressione è drammatica: le guardie fanno indossare ai prigionieri dei sacchetti in testa per disorientarli ed evitare alleanze tra di loro, introducono punizioni fisiche e torture. I detenuti diventano docili, non reagiscono oppure piangono o compiono autolesionismo. Ad un certo punto, però, i prigionieri mettono in atto una ribellione: si tolgono i berretti e i numeri e si barricano nelle celle. Le guardie si riuniscono e decidono come punirli: utilizzano un estintore per stordirli, li spogliano e i capi della ribellione vengono messi in isolamento. Quest’ultimo passaggio è importante poiché isolare i prigionieri dai propri leader significa tentare di distruggere la coesione di gruppo. Ai prigionieri viene data la possibilità di spezzare la solidarietà con gli altri, diventando così delle spie a favore delle guardie e provocando sospetto tra di loro. Di conseguenza, i prigionieri mettono in atto comportamenti aggressivi tra di loro. Infine i prigionieri programmano una fuga di massa.
Il messaggio 
L’esperimento si propone di indagare il comportamento umano in una società in cui gli individui sono definiti dal gruppo di appartenenza e dimostra che i ruoli che assumiamo costruiscono il comportamento delle persone indipendentemente dalle caratteristiche individuali delle stesse. Alcune caratteristiche del contesto possono favorire la messa in atto di alcuni comportamenti, come la prigione, appunto. Non è casuale, infatti, che questo esperimento sia stato condotto circa quindici anni dopo la Seconda Guerra Mondiale, proprio per tentare di spiegare il comportamento di molte guardie SS. Nella pellicola viene mostrata una riduzione della coscienza dei singoli che può sfociare nella sospensione dei valori morali personali. Questo accade quando sono presenti alcuni elementi: come l’anonimato e la diffusione di responsabilità.
Il tema della vita 
Interessante notare che al quinto giorno dell’esperimento, la ragazza di Zimbardo, blocca l’esperimento per motivi etici. Si può avanzare l’ipotesi che Zimbardo stesso si sia calato così tanto nel ruolo di ricercatore da perdere di vista la sicurezza e l’etica dell’esperimento che stava conducendo. Oggigiorno un esperimento con un tale livello di rischio per i partecipanti non sarebbe approvato, ma perché? La pellicola mostra egregiamente cosa potrebbe accadere senza la guida dell’etica. A un certo punto, il protagonista del film difende la vita di un altro prigioniero diabetico procurandogli l’insulina. Difendere la vita significa anche questo: guardare al prossimo, capire il suo bisogno e cercare di corrispondervi. La pellicola, chiaramente, propone situazioni estreme e di emergenza, molto simili a quelle che si possono verificare in guerra o in regimi politici dittatoriali, ma ciò non ci deve ingannare. Nel nostro quotidiano seguire l’agire etico significa operare le piccole-grandi scelte che evitano di usare l’altro, di vederlo solo come una risorsa da sfruttare, dimenticandosi della sua immensa dignità in quanto essere umano.
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link al trailer: https://youtu.be/m-1291D4R7U?si=SgKQrD6vBVx_PeFW
Virginia Banfi