Aula Paolo VI – Udienza Generale, 13 agosto 2025
Papa Leone XIV, nell’udienza generale del 13 agosto, ha offerto una catechesi di grande chiarezza su Giuda Iscariota, ribadendo l’insegnamento costante della Chiesa sulla responsabilità personale e sul dramma del peccato non pentito. Il Pontefice ha pronunciato parole nette:«Se rinneghiamo l’Amore che ci ha generati, (…) ci autoescludiamo dalla salvezza».Un’affermazione che assume anche il valore di correzione rispetto a interpretazioni errate, che avevano suscitato equivoci dottrinali.
Il caso Vézelay e l’errore di interpretazione
Tutto è nato dal celebre capitello della basilica romanica di Vézelay, in Borgogna, dedicata a Santa Maria Maddalena. L’opera raffigura Giuda impiccato, e accanto un uomo che lo porta sulle spalle. Papa Francesco, nel 2016, interpretò erroneamente quella scena, leggendola come segno della misericordia di Cristo che, come Buon Pastore, porta Giuda anche dopo il tradimento. Questa visione è stata presentata in diverse catechesi e omelie. Tuttavia, gli storici dell’arte spiegano in modo inequivocabile che:
quella figura non è Gesù, che e’ sempre rappresentato con la barba
ma un becchino che trasporta il corpo di Giuda, secondo l’iconografia medievale.
Non si tratta di un’immagine di salvezza, ma di una rappresentazione realistica delle esequie dei suicidi, che nell’arte romanica non venivano mai assimilati a Cristo.
Il Catechismo: l’inferno è autoesclusione
Il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1033)afferma:
“Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l’amore misericordioso di Dio significa rimanere separati per sempre da Lui per nostra libera scelta. Questo stato di definitiva autoesclusione dalla comunione con Dio e con i beati è chiamato inferno.”
Applicando questo insegnamento, la Chiesa non ha mai aperto alla possibilità che Giuda sia salvo. Anzi, le parole di Cristo nel Vangelo sono durissime: «Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato» (Mt 26,24).
I Padri della Chiesa: unanimità sulla perdizione di Giuda
L’insegnamento dei Padri conferma questa linea:
San Leone Magno:
“Giuda, disperando della misericordia, anche morendo aumentò il peso del suo peccato.”
Sant’Agostino (In Ioannem, Tract. 107):
“Giuda si consegnò al diavolo e, non volendo credere alla speranza, scelse la morte eterna.”
San Giovanni Crisostomo (Hom. in Matth.):
“Il peccato di Giuda non fu solo il tradimento, ma il rifiuto del pentimento, che lo condusse alla perdizione.”
Non sono opinioni personali: è Tradizione viva.
La correzione di Leone XIV: misericordia e giustizia insieme
Il Papa ha spiegato che misericordia non significa ignorare la verità del peccato:
Dio offre la grazia a tutti,
ma l’uomo può rifiutarla.
L’inferno non è invenzione, ma conseguenza del rifiuto definitivo di Dio.
“Non cediamo alla tentazione di svuotare il peccato di gravità. La misericordia non annulla la giustizia, ma la porta a compimento.”
l Vangelo non è un romanzo a lieto fine per tutti, ma una chiamata alla conversione, urgente e seria. Gesù ha parlato più volte dell’inferno, del fuoco eterno, della perdizione che attende chi rifiuta Dio. La Chiesa non inventa queste parole: le custodisce come un avvertimento salvifico. L’eresia dell’apocatastasi – l’idea che alla fine tutti saranno salvati – è un inganno antico e pericoloso, perché svuota di senso la Croce e la responsabilità della libertà umana.
A Fatima la Madonna ha confermato questa verità con una visione sconvolgente: ai tre pastorelli mostrò l’inferno, «un mare di fuoco sotto la terra» dove erano immersi i dannati, tra grida di disperazione, circondati da demoni orribili. Non un simbolo, non una metafora, ma una realtà terribile che la Chiesa riconosce e proclama. La misericordia di Dio è infinita, sì, ma non è una scorciatoia per chi persiste nel male e rifiuta il suo amore.
La via della salvezza è aperta a tutti, ma non è imposta a nessuno. Chi sceglie di chiudere il cuore a Dio sceglie, con libertà, l’abisso eterno. Per questo oggi più che mai occorre annunciare tutto il Vangelo: non solo la tenerezza del Padre, ma anche la sua giustizia; non solo la speranza del Paradiso, ma anche la realtà dell’inferno. Solo così la misericordia risplende nella sua verità, perché non è complicità con il peccato, ma forza che ci strappa dal fuoco eterno e ci conduce alla vita.
Cassiodoro