Questo breve racconto di fantasia può verificarsi nella realtà, o forse è già successo, nelle nostre famiglie che riteniamo sicure e fuori pericolo…

E’ sabato sera, nostro figlio ha 14 anni, sta crescendo e vuole uscire con gli amici per una pizza, poi si vedrà, forse la discoteca. Noi genitori non sappiamo bene cosa fare, non abbiamo ancora capito chi sono i suoi nuovi compagni di scuola ma non abbiamo il coraggio di deluderlo e magari non vogliamo sembrare noiosi e di vecchia mentalità. Perciò, dopo un classico tira e molla, finiamo per cedere alla sua insistenza ed esuberanza. Dopo non siamo del tutto tranquilli ma pensiamo di aver fatto la nostra parte accompagnandolo e lo andremo a riprendere più tardi… Passa il tempo e ormai è un’abitudine per nostro figlio di 17 anni uscire il fine settimana. Torna sempre tardi ma oggi fanno tutti così. Poi, un altro sabato sera, arriva quella telefonata nel cuore della notte dal Pronto Soccorso: “Suo figlio è qui, venga subito, si è sentito male in discoteca.”

Cos’è una madre e un padre per il figlio?

Ma potremmo anche chiederci più ampiamente cosa significhi essere un adulto responsabile dell’educazione di un minore? Cos’è un insegnante in una classe? Cos’è un educatore?

Tutti i giovani hanno passione per la vita, si aspettano grandi cose, credono nella giustizia e nella pace, desiderano essere amati e amare. Quando si sentono traditi in queste aspettative, crollano e si disperano, covano rabbia e rancore. Spesso si buttano via. Non di rado cominciano a “farsi” con l’alcol e le droghe. Si può diventare genitori a 20 anni, sempre più spesso verso i 30 anni ma non di rado a 40. Diversa la maturità, identico lo stupore di fronte alla nascita di un figlio è un sottile senso di inadeguatezza per il compito grande che ci aspetta come genitori.

La genitorialità comporta nella coppia un cambiamento nel modo di percepirsi, diventando madre e padre. Un bambino deve essere desiderato e cercato e, comunque vadano le cose, accettato, accolto con gioia. Quando una coppia diventa una famiglia non deve perdere il “gusto della coppia” nel senso che la relazione dei coniugi non deve stravolgersi rispetto al primo periodo senza figli, ma deve “adattarsi” ai figli che arricchiscono la famiglia man mano che il tempo passa. L’affiatamento e la complicità, la fascinazione e la passione non devono mai passare in secondo piano ma rimanere un punto di forza nella relazione tra l’uomo e la donna.  Infatti, prima ancora del loro “progetto di famiglia” ci sono loro due che tengono in piedi la famiglia stessa. Rispetto ai figli, l’obiettivo sta nel volerli amare così come sono, accettandone il temperamento ma aiutandoli a formarsi un carattere per realizzarsi diventando pienamente autonomi.

Educare ai valori, a ciò che conta veramente

Educare significa prima di ogni altra cosa trasmettere dei valori come la sincerità, la puntualità, la serietà dell’impegno, la passione per la lettura e il sapere, l’amore per la giustizia, per la libertà di tutti, per la libertà di espressione, per la democrazia ma anche la bontà di principi come la solidarietà, l’accoglienza, la tolleranza, la pace. Contro il materialismo, l’edonismo e l’egoismo che svuota l’anima e abbruttisce la personalità è bene affinare l’animo di un bambino introducendolo alla spiritualità, educandolo alla bellezza attraverso il senso religioso, l’arte e ogni genere di espressione artistica. Il rispetto per l’altro in generale perché “fratello” in umanità e il rispetto per la donna da parte di un maschio. Il rispetto per la sessualità anche nelle parole del linguaggio. E poi trasmettere una fede che spieghi la vita e la morte, la gioia e il dolore.

Lo stile di vita della famiglia di origine lascia un’impronta per sempre. La famiglia troppo chiusa in se stessa, che non apparecchia la tavola spesso per amici e conoscenti e che non viaggia, non esce spesso dal proprio guscio, è destinata a crescere figli timidi, incerti e dal pensiero unilaterale. Ma oltre ad insegnare di fare il primo passo verso l’incontro, la carità e la generosità, i genitori devono introdurre all’attenzione e all’ascolto dell’altro, alla tolleranza e al confronto, anche delle idee. In questo senso, una casa senza libri né giornali né riviste non può lasciare il segno.  Bisogna “vederla” la carta stampata,  come un richiamo continuo alla cultura, per poterla fare propria.

Essenziali poi sono “le regole di casa” come il rispetto delle cose, spesso acquistate con sacrifici ma anche consapevolezza della bellezza e dell’importanza della pulizia e dell’ordine. Nei rapporti di convivenza la discrezione basata sul rispetto dell’intimità dell’altro e infine gli “orari” che scandiscono i tempi delle colazioni e delle cene, dello studio, dello svago e del divertimento. Gli aspetti normativi non sono sinonimo di repressione ma rappresentano piuttosto i paletti che rendono i figli più sicuri, al di là degli sbuffi e delle proteste adolescenziali, che i genitori devono saper gestire con autorevolezza cercando sempre un accordo condiviso. Una casa bene organizzata in cui ciascuno ha un suo compito piccolo o grande, a seconda dell’età, abitua alla collaborazione verso un fine comune. I figli che non si fanno mai il letto da soli e non mettono in ordine la propria stanza perché tanto ci pensa la mamma, crescono abituati ad essere serviti come piccoli re. il problema sta nella crescita mancata che li fa illudere, purtroppo anche da grandi, di poter avere facilmente tutti al proprio servizio, e pensano più a “ricevere” che a dare invece di diventare attenti agli altri e imparare a rendersi utili.

Educare è sostenere nella fiducia in se stessi

Educare significa anche incoraggiare, aiutare a superare i propri sbagli, gli errori che creano delusione e insicurezza. L’immagine dell’allenatore è la più efficace perché egli continua a ripetere, nonostante gli errori, prova e riprova, ancora e ancora… Una capacità si sviluppa lentamente nel tempo, non s’improvvisa e piano piano diventa abilità. Per svilupparsi ha bisogno di tempo e di esercizio, soprattutto di continuità.

Viaggiare per conoscere il mondo

Per conoscere la realtà del mondo, le belle immagini dei libri illustrati o i filmati su internet non bastano; occorre allontanarsi e vedere in prospettiva. Una famiglia che non viaggia, che non visita le grandi città, i musei, le piazze e i parchi di luoghi stranieri, rimane ai margini della conoscenza perché non fa esperienza del mondo al di là del proprio naso. Abituare a viaggiare apre la mente al nuovo, abitua al cambiamento, rende più creativi e facilita l’apprendimento di lingue straniere. Inoltre scoprire usi e costumi e di culture diverse è il modo migliore per abbandonare preconcetti giudicanti e falsificanti la realtà.

Oggi droga ovunque

Perché un ragazzo non senta la necessità di lasciarsi andare alle droghe, deve avere sperimentato una bellezza nell’essere sobrio. Non cerchi una droga se ti senti libero sempre, se ti senti a tuo agio nelle relazioni, se ti senti capace di fare le cose bene perché le sensazioni che ti darebbe la droga le provi già da sobrio. In una parola sei forte nella tua personalità. Se ti so spiegare bene che la droga ti brucia il cervello e puoi morirci forse ed è più probabile che non ci proverai. Se sei stato abituato a tenere duro, a resistere alla fatica dell’impegno, avrai più forte la volontà, la quale unita alla capacità critica, ti farà pensare che in fondo la droga non ti interessa perché troppo rischiosa e più forte della droga è il tuo amore per la vita.

Compito di un educatore è amare il giovane che gli è stato affidato per creare con lui una relazione di amicizia basata sulla sincerità e l’affetto disinteressato e orientato alla crescita. In verità alla crescita di entrambi, perché un valido rapporto educativo migliora e cambia non solo il ragazzo ma anche l’adulto, in una reciprocità che li unisce e arricchisce. Quando un ragazzo incontra un adulto così capace di affetto e autorevole perché “vero”, sincero e coerente, un adulto che è veramente attento alla sua persona e ha cura di lui, egli non pensa più che la vita faccia “schifo” e che gli adulti siano lontani e meschini ma comincia a sentirsi “vivo” perché considerato, amato e gli rinasce nel cuore il desiderio di vivere nel mondo senza più allontanarsene…

Il senso della vita

Educare significa dare un profondo significato e valore alla vita. Si tratta di spiegare che si viene al mondo per cambiarlo, migliorandolo. Ognuno infatti è unico come le impronte digitali e nasce con un talento speciale di cui il mondo ha grande bisogno. Compito dei genitori è farlo capire ad ogni loro figlio, senza fare preferenze, facendo in modo che ognuno di loro si senta speciale, unico, fin da piccoli. Anche un bambino infelice, malato, è portatore al mondo di un dono da trasmettere che si svela nel tempo. Man mano che la crescita si sviluppa, padre e madre devono essere capaci di individuare l’originalità di ogni figlio e valorizzarla.  Non sarà quindi il successo, il potere o la ricchezza ciò che il figlio crescendo cercherà quanto la verità, la giustizia e la competenza. Si spenderà con generosità per migliorare il mondo, ovunque si troverà ad operare, a vivere. Il dono speciale che porterà dentro si svilupperà come un germoglio insieme alla sua personalità finché, a suo tempo, darà i suoi buoni frutti al mondo contagiando gli altri nel dare, proprio come fecero con lui i suoi genitori, l’esempio portatore di bene.