Perché le persone non aiutano quando si verifica un’emergenza?

Latané e Darley (1968) hanno cercato di rispondere a questa domanda. Il loro modello teorico, poi implementato nella pratica, comprende 5 fasi.

  • Accorgersi dell’evento

E’ indispensabile che il potenziale soccorritore si renda conto che qualcosa di anomalo sta accadendo intorno a lui.

  • Decidere che la situazione richiede un intervento di aiuto

Una volta che l’evento è stato percepito, occorre che esso venga interpretato come una situazione di emergenza. incendio_casa

  • Assunzione di responsabilità

Il potenziale soccorritore mette in atto un attento esame della situazione prima di intraprendere azioni di soccorso; infatti, deve stabilire che tocchi proprio a lui intervenire o se altri possano farlo al posto suo.

  • Decidere come intervenire

Se sono stati superati positivamente tutti i precedenti passaggi, il potenziale soccorritore deve decidere come intervenire, per esempio chiamando i soccorsi o accertandosi della salute delle eventuali vittime.

  • Implementare la decisione

Le decisioni prese devono anche essere rese operative, ovvero tramutate in azioni dotate di senso. Da notare, però, che non sempre le persone possiedono le conoscenze necessarie per poterlo fare.

Se il potenziale soccorritore non arriva fino all’ultimo passaggio, il processo si blocca e l’aiuto viene meno. Grazie ai loro esperimenti, Latané e Darley (1968) sono arrivati a diverse conclusioni.

Perché le persone in situazioni di emergenza non aiutano?

  • L’interpretazione di quanto sta accadendo

Il semplice fatto di trovarsi in compagnia di altre persone può inibire i processi di ispezione dell’ambiente che portano all’identificazione di una situazione di pericolo. Gli individui quando ispezionano l’ambiente, scrutano anche le persone attorno a sé per raccogliere informazioni circa il modo in cui esse interpretano la situazione. Può verificarsi il fenomeno dell’ignoranza pluralistica, qualora nessuno offra indizi su come egli interpreti la situazione. Se però la persona che necessita di aiuto urla, i presenti non possono che interpretare la situazione come un’emergenza.

  • L’individuazione di chi deve intervenire

Quando si verifica un’emergenza, chi interviene? Intervenire ha degli indubbi costi, come il rischio di incolumità fisica, il far fronte a comportamenti mai messi in atto prima o il giudizio negativo da parte degli altri se il tentativo di soccorso non giunge a buon fine. Un caso drammatico, quello di Kitty Genovese, può aiutarci a capire il concetto di diffusione di responsabilità. ragazza_accoltellata

Il caso

Kitty Genovese, una giovane donna americana, nel marzo del 1964, viene aggredita mentre sta tornando a casa a tarda notte. L’aggressore l’accoltella più volte e la violenta. Molti vicini di casa assistono all’attacco senza agire o chiamare i soccorsi. I vicini non possono comunicare tra loro, ma le urla di Kitty non lasciano dubbi all’interpretazione della situazione, allora perché nessuno interviene? Il fattore che interviene è, appunto, la diffusione di responsabilità. Nei casi in cui si è consapevoli della presenza di altri individui si è portati a pensare che la responsabilità di intervenire debba ricadere su qualcun altro. Nel momento in cui tutti la pensano così, la conseguenza è l’inazione generalizzata.

Conclusioni

A dispetto di ciò che potremmo pensare, quindi, nelle situazioni di emergenza la presenza di molte persone può portare queste ultime a non intervenire. Ci sono, però, dei fattori che possono modificare questa conclusione, come il fatto che le persone circostanti si conoscano (Latané e Rodin, 1969, cit. in Palmonari e Cavazza, 2016), quanto la vittima sia attraente fisicamente (Benson, Karabenick e Lerner, 1976, cit. in Palmonari e Cavazza, 2016) o la similarità tra vittima e soccorritore in termini di caratteristiche sociali (Dovidio, 1984, cit. in Palmonari e Cavazza, 2016. Non dobbiamo, però, guardare a questi risultati con un giudizio sprezzante verso l’umanità, infatti, ci sono molte persone che compiono tutti i passaggi previsti dal modello, offrendo il proprio aiuto, nonostante i rischi. Il modello, inoltre, non considera l’impianto valoriale delle persone. Qualcuno, per esempio, segue il valore dell’offerta di aiuto ai più deboli e questo lo porterà ad essere più sensibile all’ambiente circostante, alle emergenze e meno condizionato dai costi dell’azione di aiuto.

Palmonari, A., & Cavazza, N. (2016). Ricerche e protagonisti della psicologia sociale. San Giovanni di Persiceto (Bologna): il Mulino

Contattaci per qualsiasi dubbio https://www.vitavarese.org/contattaci/

Virginia Banfi