Rosalia Arteaga Serrano, nata in Ecuador nel 1956, è una donna colta e brillante, da sempre interessata ai problemi sociali, alla cultura e all’educazione. Insegnante e giornalista, è stata molto attiva in campo universitario per poi abbracciare la politica e operare nel Ministero dell’Educazione e della Cultura fino a diventare Presidente della Repubblica dell’Ecuador. E’ sposata e, in gioventù, è diventata mamma anche di Jeronimo, un bambino con la Sindrome di Down. Dice suo padre: Rosalia è riuscita a trasformare in una benedizione ciò che avrebbe potuto diventare la sua tragedia. Ma la morte attendeva la piccola creatura e per Rosalia sarà il dolore più grande…

Un libro che insegna ad amare i “bambini speciali”

Rosalia ha scritto un piccolo grande libro intitolato Jeronimo, (tradotto per la prima volta in italiano e reperibile presso ciserpp@ciserpp.com) in cui racconta i primi giorni della nascita del suo “bambino speciale” e della scoperta della sindrome, una realtà a cui non era preparata, come accade a tanti genitori che vivono una ferita interiore per la nascita segnata dalla malattia.

Questo scritto autobiografico insegna a guardare ai bambini affetti da patologie, con un pensiero positivo e uno sguardo nuovo, “accogliente”. Accogliere come sinonimo di “accettare” sapendo intravedere, oltre le pieghe inevitabili del dolore, della delusione e della preoccupazione per il futuro del bambino, la sua vera bellezza. Una creatura buona, delicata e indifesa, fatta di amore tenerissimo, di spontaneità, di sensibilità e di un sorriso unico “brillante” perché riflesso della scintilla dell’amore di Dio. Tale capacità resiliente rappresenta una forza psichica straordinaria, che a sua volta produce fiducia nel domani, gratitudine profonda e passione per la vita.

Lo sguardo di questa mamma verso il suo bambino neonato ha la forza di una rivoluzione interiore: le parole che sceglie per descriverlo, l’attenzione con cui lo osserva, il sentimento che esprime nel desiderio di proteggerlo e di curarlo, toccano il cuore e lo spalancano, riempiendolo di tenerezza.

Trascrivo solo alcuni passi affinché possiate comprendere lo spessore umano e la ricchezza poetica di questo piccolo libro indimenticabile.

Con te imparerò molte cose, ad apprezzare ogni minuto ed ogni ora in cui ti possiedo, ad assaporare i tuoi sorrisi e a salvarli nella mia mente, a pensare che le rose non sono casuali, senonché c’è qualcuno che dirige il disfarsi dei raggi di luce sulla tua testa, l’accoppiarsi degli uccelli, il suono dell’erba che cresce”

“Penso che sei destinato a noi, per essere il centro della nostra famiglia, il nodo che ci lega irresistibilmente, il maestro che ci insegnerà a non preoccuparci delle minuzie senza senso, colui che frenerà il nostro correre precipitato attraverso la vita e le sue realizzazioni”

Maternità, il privilegio più grande

“Sento i suoi movimenti nel mio corpo, con le mie mani tocco le piccole protuberanze che fanno tendere sempre di più la pelle del mio ventre  e cerco di fare, a forza di carezze, che ritiri quel piccolo gomito o piedino inquieto. Lo sento vivere, lo concepisco bellissimo, l’immagino forte, irrequieto per uscire a riunirsi a noi che l’aspettiamo con grande illusione.”

“Non ho nessun timore, mi siedo sul filo del letto o con la testa e la schiena appoggiate al cuscino; l’immagino, e i mesi si trebbiano, i giorni e le ore vanno a trasformarsi in passato…Chiudo gli occhi e quasi già posso toccare la sua testolina che si accenna nel mio ventre… Sei nato, Jeronimo… Ti chiamerò così, tu sarai Jeronimo. Lanci uno strillo acuto che le mie orecchie si dilettano registrando. Sono stanca, lo sforzo, il lavoro di respirare consapevolmente, di non tendere le mani, d’immaginare come sarà, evitare con la mia mente che i dolori siano così estremi mi hanno lasciata sospesa, senza forza per sollevare la testa…”

“Non posso dormire. Mi sento straordinariamente bene; ho smesso di sentire le contrazioni dolorose; ho mio figlio ranicchiato sulla culla e sento il suo respiro. Pedro dormicchia e a volte risponde alle mie chiacchiere incessanti, ai miei progetti per Jeronimo…”

Jeronimo rischia di morire

“Dovete portare fuori i fiori dalla stanza. Jeronimo è paonazzo e sembra non poter respirare bene. Si succedono gli esami, dorme nell’incubatrice, lascia vuota questa stanza della clinica, sente gli sguardi che lo contemplano con ammirazione o con compassione attraverso i vetri. Ti vedo così indifeso col pannolino bianco e la tua camicia blu! Sono ore di angoscia, in cui i dubbi si insinuano, ma la scienza non conferma. Lui sta bene, ci dicono e sentiamo il petto ingrandirsi e tutta l’aria contenuta scappa fuori per lasciarci tranquilli. Lui è a casa ora, dorme molto, lo affascina giocherellare con il seno caldo che ciuccia vorace, sorride, gli piace sentire il contatto della mia pelle vicino alla sua.”

“Non ho più paura; a volte un po’ d’inquietudine quando dorme troppo, quando contemplo l’arco che forma la sua testa con il collo e le sue mani piccolissime. E’ sempre caldo. Gli piace che lo bagnino e che l’acqua percorra il suo corpo e gli faccia il solletico con le sue gocce. Mi piace Jeronimo: c’è una speciale dolcezza nel suo sguardo, nel suo sorriso, nel brillio dei suoi occhi placidi…”

So che è un angelo; gli piace sorridere e lasciare che lo abbraccino. Suo padre gli morsica l’orecchio, io gli canto canzoni che ripeto una e ancora un’altra volta, però a lui non lo stancano. Sente un gusto speciale per la musica; rimane fermo quando metto i carillon intorno… Così è Jeronimo, il mio angelo speciale, quell’essere delicato, amante della musica, delle carezze, dei raggi del sole, e dell’acqua…”

Tutta la famiglia intorno a Jeronimo

“Abbiamo previsto la vita familiare intorno a lui: ha bisogno di protezione e affetto più di chiunque altro; ma Jeronimo saprà, nella sua perenne innocenza, restituire con affetto simile, con tenerezza senza limiti che percepisco nel suo volto di occhi strappati, nel suo capo dai capelli lisci e ribelli, nella sua squisita sensibilità per la musica e le carezze.”

“Jeronimo: guardo la scuola e so che non potrai frequentarla; contemplo un giardino o un cielo azzurro e penso che sempre potrai goderne senza preoccupazioni… Sento dire dalle madri che i loro figli prendono bei voti, che fanno progressi giorno dopo giorno, che poi saranno persone importanti, e sorrido. Ti ho accettato come sei, dopo la sorpresa, l’angoscia, il credere che il mondo finisca e che nulla abbia senso; ho capito: sei un bambino speciale, nato per essere amato e circondato di attenzioni.

“Jeronimo, sei mio, mio più che nessun altro figlio che la vita possa regalarmi; hai bisogno di me e io di te. Pedro Francisco crescerà, smetterà di dipendere da me e dalle mie attenzioni, ma tu sarai sempre il compagno allegro, l’angelino perseverante in apparenza limitato per provare la gente, nonostante tu possieda giusto in fondo ai tuoi occhi, quella scintilla furbacchiona che a volte s’illumina quando si sente accettato e compreso, o si spegne quando qualcuno crede che devi essere compatito o ti pensa come un ostacolo per i suoi genitori o per suo fratello.”

“Tu sei speciale, Jeronimo. Ammetto che al saperlo, il primo giorno, il secondo, forse il terzo, il dolore mi teneva con gli occhi arrossati e le mani tese. Però adesso ogni giorno ti svegli con un sorriso nuovo, con le tue mani leggere ed espressive estendendole verso di me e afferrandosi alle mie dita. So che sei un inviato, un tesoro che dobbiamo proteggere; sono felice di tenerti Jeronimo nel proteggerti, nel vedere i tuoi progressi lenti o solo nel sapere che sarai semplicemente felice, che non ti importeranno le cose piccole ma le cose veramente inestimabili: la consistenza dei petali delle rose che si aprono sarà la tua preoocupazione quotidiana, il tuo inseguire i pulcini dal piumaggio giallo, il catturare le farfalle e macchiarti il naso e le guance con la loro luminosità.”

Jeronimo muore

“Questa notte è stata spaventosa. La nonna ha velato la tua culla e noi abbiamo cercato di dormire. Quando mi assopisco nel mezzo della mia angustia, mi sveglio come se i tuoi rantoli fossero giusti lì, sul mio cuscino. Non posso aspettare che si faccia giorno per andare lentamente a osservarti… Ogni tanto sposto il tulle per guardarti; mi sembri più tranquillo, la tua testa riposa sul cuscino, sei tanto bello così, voglio ricordarmi di questa immagine per sempre…”

“Sento un’atmosfera leggera e tranquilla, come se volesse avvertirmi che Jeronimo non è più con me. Un presentimento, l’assenza del leggero rumore che fa il suo sistema respiratorio malato mi fa alzare di nuovo, con attenzione, il tulle…Lo sostengo con le mie braccia molto vicino alla mia bocca; è così freddo. Questa carne abbandonata dallo spirito, che ancora odora di talco e creme, è rimasta sola e mi ha lasciato con i singhiozzi che mi feriscono la gola e mi fanno tremare le mani...”

“E’ già da mesi che il tuo sorriso è solo nella mia immaginazione; non sento nemmeno il fruscio dei passetti incarnati che passano sulle loro proprietà del cortile; mi sembra così lungo il tempo che non sei più con me per contemplare insieme le nuvole e per lasciare che ti lavi le mani e la faccia; ormai non brillano i tuoi occhi in casa mia e non sento il tuo respiro sulla mia guancia. Mi manchi Jeronimo; ho bisogno di te più di quanto abbia mai immaginato. So che sei felice in un luogo senza limiti né barriere, in questo cielo azzurro che ricorri con i venti, nei fili sottili che formano i pennacchi dei vulcani, in ogni lucetta iridescente che si accende dalle pietre…”