E’ possibile praticare l’eutanasia in Inghilterra  se parenti del malato e medici trovano un accordo, senza consultare i giudici: sospendere i trattamenti vitali (idratazione ed alimentazione) a chi si trovi in stato vegetativo permanente è la sentenza appena emessa dalla Suprema Corte britannica e che farà giurisprudenza nel Regno Unito. Si sono da poco spente le luci sui dolorosi casi di Charlie Gard, AlfieEvans, Isaiah Haastrup e  di nuovo arrivano notizie di morte dall ’Inghilterra. Si tratta di progresso?

La riflessione non può che partire dal tema “eutanasia”, parola greca che, paradossalmente, significa “buona morte”, su cui sono state scritte pagine e pagine: vale la pena di rileggere il ”Manifesto per una morte dolce” di Jaccard e Thévoz, del 1993, per scoprire che la tematica ha radici antiche. La “fonte” di ispirazione, se così si può dire, è lo psicanalista viennese di scuola freudiana Bruno Bettelheim, “che militò in organizzazioni di sinistra, conobbe i campi di concentramento, espatriò negli Stati Uniti e si suicidò in modo atroce, per rivendicare la propria autonomia nel non voler affrontare una morte lenta e senza significato, in un ricovero per vecchi”. Libertà e coraggio di affrontare la propria morte? Il suicidio come massima espressione dell’onore?Dante Alighieri

“…Libertà va cercando, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta” ( Virgilio a Catone Uticense nel I canto del Purgatorio della Divina Commedia di Dante).  Se si pensa al suicidio come scelta d’ onore e di libertà forse non si sono lette le parole di Mons. Rino Fisichella in “Nel mondo da credenti”: “(…) L’umiltà esprime la forza della libertà”. Accoglierla equivale a saper scegliere quale direzione dare alla vita, quale senso dare alla morte, quale spessore dare a ciò che viviamo e ci circonda. E’ proprio dell’umile percepire l’essenziale e vivere per esso, relativizzando le diverse forme di effimero che tendono ad illudere e nascondere il senso profondo dell’esistenza. (…) Si fanno normative le parole dell’apostolo: “Quando sono debole è allora che sono forte” (2 Cor 12,10). La debolezza dell’uomo, sostiene Paolo, diventa quasi il pulpito da cui Dio fa sentire la sua potenza e ne permette di verificare i segni. (…) Sperimentare nella propria esistenza la debolezza della malattia può consentire di afferrare l’essenza della vita trovando così la forza con cui resistere.”

Mons. FisichellaMons. Fisichella prosegue: “(…) Alla luce della risurrezione, la fede cristiana afferma che il corpo è molto di più della sola estensione anatomica; esso rappresenta una realtà sconfinata che si inserisce certo nella storia, nello spazio e nel tempo, ma non per essere da questi sottomesso quanto, piuttosto, per vivere in essi la propria vocazione a tendere verso l’infinito, esprimendo in se stesso l’infinito e l’eternità. (…) Solo il pensiero cristiano ha saputo portare la corporeità ai livelli più alti della sua comprensione, inserendola negli spazi più intimi della vicinanza con Dio”.

La cultura di morte propria del suicidio e dell’eutanasia  porta nel mondo delle conseguenze devastanti, che non si pongono solo per i credenti, ma per tutta l’umanità. Insegnare infatti alle nuove generazioni che le persone malate o non più produttive non hanno posto nella società, possono essere soppresse o, addirittura, devono essere soppresse, significa cancellare il senso dell’umanità, quello che distingue e separa la persona dall’animale.

Quanto accaduto ieri in Inghilterra, anticipato in USA, nel 2005,  dal triste e menzognero caso Terry Schiavo; in Italia  dai casi Welby (2006), Englaro (2009), dj Fabo (2017), rivela una triste propensione all’autodistruzione, che va contrastata in tutti i modi culturali possibili.

Di fronte alla “dittatura della maggioranza” esiste una “minoranza creativa” senza la quale la società sarebbe senz’altro più povera:” il potere della minoranza si può concretizzare nella capacità di convertire le masse, la parola chiave è coerenza”.(Serge Moscovici)