La prima educazione avviene in famiglia

Siamo passati da un’emergenza educativa, ormai conclamata, al rischio di una “catastrofe” educativa, provocata dal Covid. Lo ha detto Papa Francesco nel suo videomessaggio al convegno Global Compact on Education, svolto all’Università Lateranense di Roma il 15 ottobre 2020.

Il suo invito ad aderire al Patto educativo è stato rivolto a tutti, in primis alla “famiglia”, a tutte le famiglie del mondo. La famiglia infatti rappresenta il primo luogo privilegiato dell’educazione. Accenniamo solo ad alcuni brevi ma importanti stralci del suo discorso:

nella famiglia il primo e indispensabile soggetto educatore

sia questo il tempo di sottoscrivere un patto educativo globale “per” e “con” le giovani generazioni, che impegni le famiglie, le comunità, le scuole e le università, le istituzioni, le religioni, i governanti, l’umanità intera, nel formare persone mature

Mettere al centro di ogni processo educativo formale e informale la persona, il suo valore, la sua dignità

In queste parole del Papa sta l’invito ai genitori ad impegnarsi seriamente in campo educativo per impostare e favorire la crescita armonica e completa dei propri figli.

Educare ovvero dare un esempio di gioiosa realizzazione personale

Si tratta di un richiamo forte al “dovere” di una madre e di un padre ad accudire i figli, rispondendo ai bisogni elementari della loro esistenza, quelli legati al “corpo” ma anche a quei bisogni meno evidenti perché nascosti nella “psiche”: i bisogni di attenzione e di valorizzazione della persona-figlio.

Siamo portati a pensare che il ruolo della madre, fatto di rispecchiamento, tenere cure e sollecitudine sia in fondo sufficiente per crescere un bambino molto piccolo. Non è così, già nei primi mesi di vita, la presenza e la figura del padre è di grande importanza per il riconoscimento da parte del bambino della “diade genitoriale”, la coppia madre e padre nella loro diversità e complementarietà.

In tal senso, un padre non deve assolutamente diventare un “mammo” ma lasciare che la sua impronta maschile susciti nel figlio un processo di identificazione e di interiorizzazione di ideali, norme e valori. Solo così il figlio crescerà con il desiderio di puntare in alto e nascerà in lui il desiderio di realizzare progetti personali di valore. Per un maschio, l’identità maschile di un padre attento, affettuoso e premuroso, s’impone con tutto il fascino dell’ autorevolezza.

Dal gioco di equilibrio tra forze affettive empatiche unite a forze volitive come la determinazione, la tenuta nel tempo e il saper “attendere” con pazienza, nasce nel figlio lo stimolo all’ emulazione. Egli interiorizza inconsapevomente un modello maschile valido che cercherà di realizzare, a sua volta, nel tempo.

Per una bambina invece, avere accanto il padre significa imparare da lui a conoscere il mondo maschile, la sua mentalità e ricevere buoni consigli per imparare a gestirla poi nella vita. Con il suo interesse, il padre invia messaggi positivi di apprezzamento e considerazione alla figlia che si sente riconosciuta nella sua intelligenza, personalità e amata, sostenuta. La libertà di esprimersi non trova limitazioni e ciò rafforza la sua sicurezza interiore.

Se accanto al buon padre ci sarà anche una buona madre, modello di femminilità accogliente, serena, con una profonda sensibilità aperta ai problemi del mondo, il regalo che la figlia riceverà da entrambi i genitori sarà la sicurezza e la fiducia di base. Ne risulterà una personalità disponibile ad aprirsi alla vita ricca di potenzialità e di forza interiore, senza particolari problemi psicologici.

I problemi di personalità quando manca il padre buono

Il comportamento definito acting out, una reattività impulsiva, esplosiva, spesso aggressiva del bambino o del giovane, nascondono un incapacità di controllarsi, di sapersi contenere. E’ mancata la figura del padre equilibrato e razionale che aiuti il figlio a “pensare” in modo organico, ad entrare nella comprensione del mondo e dei rapporti interpersonali con la calma del ragionamento. Tutte le dipendenze: droga, alcol, psicofarmaci, antidolorifici e problemi con il cibo, dipendono da un ambiente genitoriale carente, da disinteresse per i figli, da violenza e povertà culturale. La mancata identificazione con la figura maschile perché il padre non viene percepito come “buono” o è “assente” può portare problemi di identità, difficoltà di relazione con la figura femminile e difficoltà verso l’amore eterosessuale.

Educare è rendere autonomi e liberi anche da noi genitori

Quando i figli non sanno distaccarsi emotivamente dalla famiglia, nonostante il loro desiderio interiore di autonomia e di affermazione, rivelano un’educazione che ha mancato nel favorire l’indipendenza. L’autonomia non è solo sapersi lavare i denti da soli o imparare a fare i compiti da solo e organizzare il proprio tempo libero.

Il padre insegna ai figli anche l’indipendenza interiore. Studiare, approfondire e sapersi distinguere per le proprie idee, non farsi troppo condizionare dalla mentalità degli altri e dallo spirito dei gruppi (amicizie, gruppo dei pari e anche web, social network, cinema, tv…).

La coppia genitoriale stessa, per prima, deve trovare la propria autonomia e indipendenza psicologica dalle famiglie d’origine. L’influenza di giudizi, di critiche da parte di parenti o amici possono essere la causa di tensioni tra i partner più o meno importanti, talvolta laceranti il rapporto stesso.

Il padre “sufficientemente buono”

Come la madre di Winnicott, anche il padre deve essere “sufficientemente buono“, in quanto la perfezione non esiste tra i comuni mortali, grazie al cielo. Un padre così ha uno sguardo particolarmente empatico verso i figli, un modo di guardarli che funge da specchio ed è indice di vero interesse, preoccupazione per gli stati d’animo, partecipazione emotiva e comprensione per i problemi del figlio.

Un padre quindi che è paziente, pronto a sopportare, perdonare e sempre proteggere, rassicurando e infondendo fiducia e gusto per la sfida, il coraggio. Un padre che cerca il dialogo, sia pure discretamente proponendosi senza forzare, insegna ad esprimere i propri sentimenti e stati d’animo, a dare loro un nome. Imparare ad esprimersi è infatti alla base del confronto nella relazione.

La carenza o l’eccesso di attenzioni da parte dei genitori contribuisce alla formazione di disturbi nella percezione del Sé più intimo che allontanandosi da un sano equilibrio diventa magari troppo grande, melalomane, narcisistico oppure fragile, insicuro, distaccato. Seguono disturbi psicosomatici, difficoltà scolastiche, difficoltà nelle relazioni interpersonali nonché tendenza all’auto-emarginazione per insicurezza, inadeguatezza e profondo senso di solitudine.

Diventando padre, divento uomo profondo e migliore

L’esperienza di un neo-padre che descrive così i suoi sentimenti:

«Figlio mio,

è già strano pensare a te, miracolo immenso dell’amore. Ti ho tenuto in braccio pochi mesi fa e non mi riuscivo a capacitare di te, che mi hai guardato subito con occhi in cui ho visto il mio passato, il mio presente e il mio futuro fondersi in un unico istante. Ti ho accarezzato e sono nato anche io con te: prima ero un uomo innamorato, ora sono un padre.

Per te guardo il mondo ogni giorno con occhi diversi: come farò a proteggerti sempre contro i draghi che infestano la nostra realtà? Saprò guidarti e fare di te un cittadino rispettoso e meritevole di stima? Saprò insegnarti a riconoscere gli errori e a scusarti? Ora, che sei così piccolo tra le mie braccia, posso raccontarti mille storie di avventure mentre posi la tua testolina sulla mia spalla, facendomi sentire invincibile… (segui il link per leggere la lettera per intero)

Susanna Primavera