Chi sono i volontari dei Centri di aiuto alla Vita?
I volontari sono i protettori della vita. Da 42 anni affluiscono spontaneamente nel Movimento per la Vita di Varese, mossi dal desiderio di spendersi per la difesa della vita nascente, donne e uomini di ogni età, uniti da un medesimo ideale: un nuovo mondo da costruire con una nuova cultura, un nuovo umanesimo, in cui la vita rappresenti il primo grande valore.

Ogni anno il Movimento per la Vita Italiano organizza per i volontari delle 350 sedi della Federazione, di cui facciamo parte, sessioni formative e di aggiornamento per preparare i volontari nella loro missione, con un’attenzione particolare verso i giovani, come il Seminario Quarenghi.

Le tematiche affrontate toccano i vari aspetti legati alla maternità come la fertilità, la vita prenatale, i metodi di contraccezione ma anche approfondimenti economico sociali e giuridici, medici e bioetici. Lo scopo formativo è aiutare il volontario a penetrare sempre di più all’interno della cultura della vita, farla propria, diventare abile nella risposta di aiuto e, pertanto, capace di accoglienza, di ascolto e di gestione del caso.

I volontari di fatto sono impegnati a seguire nel tempo l’evoluzione del dibattito culturale sui temi centrali della vita, della nascita, della salute e del fine vita, da ogni punto di vista.

Il Movimento e Centro di Aiuto alla vita di Varese ha volontari molto attivi, sia coloro che operano in sede, i quali si adoperano principalmente con aiuti alimentari e attrezzature, sia coloro che sono presenti ogni settimana presso lo Sportello di aiuto all’Ospedale del Ponte.

Il Centro cerca di rispondere ad ogni esigenza delle giovani mamme in difficoltà; dalla sistemazione in un alloggio temporaneo alla formazione di vario genere, linguistica, pedagogica, di educazione all’affettività, relativa all’allattamento, ecc.

Il Movimento di Varese ha anche una dimensione squisitamente culturale; tre volte all’anno proponiamo alla città momenti di studio e di riflessione sul tema della vita: conferenze, mostre, cineforum, ecc. Il Convegno del 2023 ha accolto più di un centinaio di partecipanti.

Attraverso la gestione di questo sito (www.vitavarese.org) l’associazione svolge sistematicamente un’attività di informazione sulle tematiche di fondo che ci stanno a cuore: la gravidanza, il parto, l’aborto, la figura del padre, le questioni etiche, mediche e bioetiche, psicologiche, la spiritualità, la letteratura, il cinema, nonché commenti all’attualità del giorno.

Anche la felice attività editoriale (il libro testimonianza “Una chat per la vita” è alla terza ristampa) riflette una nuova cultura della vita, ricca di speranza e di solidarietà, grazie anche alla passione e alla preparazione delle volontarie varesine.

La dignità del concepito come inviolabile

Nel nostro mondo di oggi l’aborto volontario viene banalizzato e il principio della libertà della donna, la sua autodeterminazione, diventa il valore supremo, a cui è perfino permesso di superare il rispetto per la vita nascente.

Non si vuole più considerare l’aborto per quello che è, ed è sempre stato, cioè un omicidio, ovvero l’uccisione deliberata di un essere umano in formazione, totalmente indifeso. E’ un errore grave ed infelice, un sofisma di matrice nichilista, assimilare concettualmente la libertà della donna con un omicidio, sia pure legalmente autorizzato da una legge dello Stato.

Va detto, senza mezzi termini, che oggi per la Francia, e forse un domani anche per l’Unione Europea, l’aborto è sinonimo di libertà e di rispetto per la donna, a scapito della dignità del concepito. Infatti l’embrione viene trattato (considerato) come una “cosa” e gettato via (scartato), massacrato, in nome della libertà della propria madre.

Come in un film dell’orrore, si assiste al capovolgimento dei valori: la vita non è il valore supremo da difendere ma lo è l’aborto, cioè la morte. La morte dunque viene esaltata perché garantisce la libertà della donna dalla gravidanza, ritenuta ovviamente non un bene in sé ma un male, se è di peso alla donna coinvolta.

Cos’è questo ragionamento se non una follia, una manipolazione concettuale distopica, l’illusione assoluta della pretesa di dominio sulla natura e sulla propria vita? Come nel Faust di Johann Wolfgang von Goethe, il male sembra bene perché affascinante, moderno e il bene suona ridicolo, da eliminare.

 

Il volontario per la vita ha un cuore che palpita, cerca la verità e l’obiettività nel rispetto assoluto per la persona che incontra e che si trova in una particolare condizione di fragilità. Il che significa che adotterà uno stile delicato; l’ascolterà senza giudicarla e le parlerà affinché sappia, conosca la verità e diventi veramente consapevole della propria condizione. Infatti, siamo liberi di scegliere solo quando abbiamo davanti chiare tutte le possibilità.

Perché tacere sulla gravità del passo verso l’aborto?

L’aborto volontario prevede una responsabilità consapevole. In genere si pensa che la propria decisione non porterà a sentimenti di lutto o a rimpianti; resta però la  profonda ferita della perdita, il lutto, che può emergere subito o dopo un pò di tempo:“è frequente che il ricordo di aborti provocati in epoca lontana e superati apparentemente senza difficoltà, ricompaia carico di sensi di colpa in occasione di episodi depressivi” (Galimberti, 1994)

Perché non parlare delle conseguenze psicologiche di una scelta contro la vita? Perché non proporre soluzioni alternative come l’adozione?

Perché non proporre aiuti materiali che possano aiutare a portare avanti la gravidanza? La legge 194 lo prevede (art. 2 e 5). Chiediamoci ancora: fino a che punto una donna di fronte all’aborto è veramente libera?

Siamo certi che la sua possa essere definita “responsabilità consapevole”? Subisce pressioni e condizionamenti da parte del compagno/marito/parenti/amici/ambiente di lavoro?

Ponendo al primo posto il valore della vita, il volontario pro-life non farà nessun distinguo di colore, di salute, di status, sia che la persona che incontra sia giovane, adulto o anziano, sia che si tratti di un embrione, frutto di vero amore o di incontro occasionale o perfino di violenza. Infatti, in quest’ultimo caso, il concepito non ha alcuna colpa della violenza sessuale perpetrata e quando c’è, “esiste” con tutta la sua reale presenza di un corpo intelligente che chiede di vivere.

Quale spirito anima i volontari pro-life?

 

Quello del Buon Samaritano, dell’uomo giusto e saggio: Lo vide e ne ebbe compassione, gli si avvicinò, gli fasciò le ferite, lo portò alla locanda e si fece carico di tutte le spese… (Lc 10, 25-37) Questo è lo stile che contraddistingue i volontari nel loro incontro con le donne in difficoltà per una gravidanza non prevista o difficile. Dalle loro parole emerge una disponibilità che riflette l’assoluto rispetto per la donna, il reale interesse per il suo problema e il desiderio di aiutarla a risolverlo. Cos’ha dunque di così speciale il Buon Samaritano? Ha lo sguardo profondo di un uomo sensibile e generoso, di chi si accorge del bisogno dell’altro e non lo distoglie per andarsene altrove ma resta lì, in contatto con il suo bisogno, facendosene carico fino alla fine.

Chi è il concepito?

 

Il concepito è un essere umano in formazione, un mistero. Il concepimento dà luogo alla generazione di un nuovo essere umano dotato di un DNA unico, speciale, tutto suo. E’ il miracolo della vita. Questo evento, incredibile e naturale al tempo stesso, ha anche un risvolto misterioso e genera grande stupore e riconoscenza nell’adulto consapevole quando osserva il proprio figlio. Così lo descrive Marina Corradi nel suo Mistero della vita:

“… Ma come dalla materia può venire un uomo? Da dove sei venuto? Chi ha tessuto i tuoi occhi, il cuore che batte veloce, le gambe che già scalciano forti?

Una nascita è considerato un evento banale, e invece è un miracolo. Miracolo nascosto nella tela delle cose uguali a sempre. naturali e quotidiane. Il momento, tuttavia, in cui nelle nostre vite fa irruzione il sacro: e occorre riconoscerlo allora, e tacere, e starlo a contemplare.

Nove mesi fa non c’era, e ora c’è.

Il mistero e il sacro aleggiano, muti, sulla culla di ogni neonato. Basta stare in silenzio per percepirli.

Qualcosa in cui non dovremmo permetterci di metter mano. Che sia un figlio desiderato o un bambino di favela miserabile, o il costoso frutto di provette, o sia abbandonato come cosa da nulla all’angolo di una strada, comunque, è nato. Vive. Se ne è arrivato qui apparentemente da nessun luogo. Qualcuno lo ha intessuto e chiamato al mondo: è una evidenza, ma la riconoscono, con un sussulto, i più semplici, e i bambini.

Mistero e sacro è il principio di ogni vita. All’altare che è ogni culla, ci si dovrebbe, grati, inginocchiare.

Il mistero e la sacralità all’origine della vita

 

Riflettere sulla vita porta ad aprire lo sguardo verso il mistero della nostra stessa vita, ascoltiamo Franco Casadei:

«Chi cuce

la trama del destino,

segretamente imbastendone

il disegno?

Il caso?

O una mano misteriosa

che tesse,

costantemente tesse

il tuo cammino?

L’enigma irrisolto,

la mancanza sento,

una mancanza,

la firma segreta

che sta dentro le cose».

 

Susanna Primavera