Cultura dello scarto: tempi duri per chi vuole difendere i valori umani

Cos’è cambiato negli ultimi 30/40/50 anni? Dove sono finiti i tempi di Martin Luther King, Nelson Mandela e Santa Madre Teresa di Calcutta? (solo per citare alcune persone che hanno vissuto per realizzare i valori in cui credevano). Dov’è l’uomo? È cambiata la sensibilità, la mentalità della gente, la cultura e c’è chi vuole farci credere che la modernità coincida con una certa freddezza del cuore, con un po’ di “sano” cinismo, con l’indifferenza per il destino altrui? Non c’è forse più posto per uomini integri, valoriali, per chi si fa prendere il cuore di fronte alla pena che suscita la sofferenza altrui, per chi cerca la giustizia, la verità, la bellezza, la gentilezza, la bontà?

Capita tutti i giorni, quando vediamo venirci incontro un mendicante e proviamo fastidio, cerchiamo di distogliere lo sguardo dalla sua miseria e ci allontaniamo in fretta. Perché sfuggiamo all’incontro? Abbiamo paura della vicinanza di una persona in fondo debole e fragilissima, ma cosa ci infastidisce: il suo aspetto, la sua sporcizia, il suo odore, la sua invadenza? Dov’è l’uomo? Sta dietro quella debolezza, dietro il suo aspetto misero.

Così è per l’alcolista, per il drogato, per quel giovane che arranca sul marciapiede di primo mattino piegato in due, barcollante, la bocca aperta, lo sguardo perso. Soffre dentro di sé per la solitudine, sta male e forse si sente una macchina rotta. Dovremmo pensarci, provare pietà, potremmo pregare silenziosamente per il suo destino, interessarci… Invece no, la sua sola vista ci fa accelerare il passo per paura di non so che, magari di una sorta di contaminazione. Dov’è l’uomo? Sta dietro quella dipendenza, dentro quel corpo ferito e trascurato.

Il primo fra tutti i valori umani è il grande valore della vita e il rispetto dovuto al più piccolo essere umano indifeso non ancora nato. Perciò stupisce la condanna dei giudici riservata a chi difende la vita nell’obiezione di coscienza, come è accaduto al ginecologo condannato, in quel di Genova. Avrebbe dovuto seguire il protocollo che prevedeva un’ecografia per una donna che aveva preso la pillola abortiva RU486, ma si rifiutò. Per quale ragione? Risponderei per principio, per difendere il valore della vita come medico obiettore di coscienza. Del resto, lo ha spiegato lui stesso chiaramente “Io faccio il ginecologo per far nascere i bambini e non per ucciderli.” Dov’é l’uomo?Era vivo nel corpo della donna prima di venire ucciso dall’aborto chimico.

Nasce un bambino malato, i genitori lo abbandonano in ospedale perché troppo malato e sembra un piccolo mostro. Un altro ginecologo, in quel caso, dice che chiunque, se lo avesse saputo prima, durante la gravidanza, avrebbe di certo abortito. I genitori scioccati non se la sono sentita di tenerlo con sé, di curarlo, di amarlo. Quel bambino ha fatto paura anche lui, era troppo messo male, orribile da vedersi e, in caso di sopravvivenza, avrà bisogno di cure per tutta la vita. Dov’è la creatura umana nata con un disperato bisogno di affetto, di tenerezza? E’ dietro l’aspetto mostruoso, è sotto quella pelle bianca e malata.

Cambiare il cuore per trovare la felicità

Noi moderni, autosufficienti e autoreferenziali, di fronte alla sofferenza altrui, alla sventura altrui, ci ritiriamo nel nostro mondo tranquillo, nelle nostre automobili, nelle nostre case, cercando di stare il più lontano possibile da quello che consideriamo “il male” dell’altro. E se invece il male fossimo noi, proprio noi con il nostro cuore cinico, freddo, di pietra? Noi meschini, egoisti a pensare principalmente alla nostra tranquillità? Nell’era dell’immagine, da giovani pensiamo principalmente al nostro aspetto e ci facciamo migliaia di selfie davanti allo specchio da postare su Instagram; da adulti ci concentriamo sul nostro successo, pensiamo sempre al guadagno e con il tempo diventiamo sempre più attaccati ai beni materiali, diventiamo avari. Da vecchi invece, ci avviliamo e finiamo in depressione pensando che con l’età, in fondo, tutto va in malora e alla fine verremo dimenticati, nei secoli dei secoli.  La cultura dello scarto è la pericolosa mentalità moderna in cui l’uomo viene sottomesso agli interessi, privi di etica, dell’economia, della finanza e del potere che governano le nazioni; la cultura dello scarto mette in pericolo l’umanità stessa, la sua intima ricchezza, la sua sovranità di valore e la sua libertà rispetto al denaro e al potere.

Il senso della vita e la libertà

Diceva Antoine de Saint-Exupéry nel secolo scorso: “Odio la mia epoca con tutte le mie forze. L’uomo vi muore di sete! Nel mondo non c’è che un problema: restituire agli uomini un significato spirituale, delle inquietudini spirituali… Non si può più vivere di frigorifero, di politica, di bilanci, e di parole incrociate. No, non si può più! Non si può più vivere senza poesia, senza colori, senza amore. Se lavoriamo per i soli beni materiali, costruiamo con le nostre mani la nostra prigione. Ci rinchiudiamo solitari con la nostra moneta di cenere che nulla ci dà che valga per vivere.” Dobbiamo uscire dall’oppressione dei molteplici condizionamenti sociali e della pubblicità di mercato, oggi più che mai attiva anche su Internet, per andare verso la ricerca della nostra autentica libertà. La testimonianza di persone che hanno ricercato il significato vero della propria vita ci può aiutare a dare una svolta alla nostra stessa esistenza. Già nel XVIII secolo, il personalismo del filosofo Immanuel Kant (1724-1804) si opponeva all’utilitarismo e alle sue conseguenze economiche e culturali, affermando il suo “secondo imperativo categorico”: agire in modo che la persona sia sempre il fine e non il mezzo del proprio agire.

Tra i Grandi della storia, spicca la figura di San Francesco, il Poverello d’Assisi, oggi più che mai di  attualità per la capacità di essere una potente voce controcorrente rispetto al consumismo e alla cultura dello scarto.

La conversione di Francesco inizia un giorno del 1206, nel suo incontro con il lebbroso, quanto di più terribile e ributtante ai suoi occhi sensibili e delicati di giovane agiato e spensierato. Egli stava per scappare, quando è entrata in azione dentro di lui, una forza, contraria a quella della sua natura, che lo ha indotto a fermarsi, tornare indietro, scendere da cavallo, dargli una elemosina e baciarlo “feci misericordia con loro“. Da quel giorno, tra lui e i lebbrosi nacque un rapporto che durò tutta la vita.

Un nuovo sguardo che cambia il mondo

Cos’era successo a San Francesco, da cambiare atteggiamento in modo così radicale nei confronti dei lebbrosi?

Egli era riuscito, pur rimanendo se stesso, a far tacitare la propria sensibilità, suscettibilità, per far nascere, sbocciare da essa una cosa nuova: l’amore! Quando un uomo ha in sé dei valori trascendenti per cui vivere, può sperimentare le esperienze dei sensi come “mediazioni”, un passaggio verso un altro fine. Dov’era l’uomo? Dietro quell’odore sgradevole, dietro la pelle malata… in fondo così simile a Cristo morente in croce!