Flora Gualdani ha quell’aspetto umile e integro che hanno le grandi donne che hanno fatto la Storia dell’amore nel mondo, come Santa Madre Teresa di Calcutta, all’apparenza donne “piccole” ma volitive e intransigenti quando si tratta di amare il prossimo. In questi ultimi giorni, la famosa ostetrica aretina fondatrice dell’opera “Casa Betlemme” ha onorato della sua presenza la nostra città di Varese. Flora GualdaniVenerdì sera, nella Cripta della Chiesa di Masnago, l’ abbiamo potuta incontrare e conoscere di persona, ascoltandola commossi e increduli per il gigante d’amore che avevamo davanti. Flora ha 82 anni, è ostetrica dal 1959 e ha lavorato per 40 anni in ospedale, sempre operando sul fronte della difesa della vita e accogliendo dapprima i bambini abbandonati nella propria casa e poi tante donne in difficoltà. Ella ha ricevuto nel tempo numerosi riconoscimenti, tra cui, nei mesi scorsi, il prestigioso Premio Internazionale Cultura Cattolica per l’anno 2019.

Casa Betlemme, un piccolo “ospedale da campo”

Nel 1964, mentre si trovava in ferie a Betlemme e in Vaticano si svolgeva il Concilio Vaticano II, Flora ebbe l’intuizione forte che dette vita all’opera: ella comprese che la procreatica (procreazione assistita in bioetica) sarebbe diventata una questione epocale e drammatica. Una volta rientrata al lavoro, in reparto trovò una gestante di 24 anni, sposata e povera, che aveva un tumore ma non intendeva abortire, nonostante il pareredegli specialisti. Flora le rimase accanto, la bambina nacque sana e Flora se la portò a casa finché quella mamma coraggiosa lentamente guarì. Oggi quella mamma fa la nonna… “Perché Dio è regale, restituisce vita per vita a chi ha messo il rispetto della vita al primo posto”. Casa Betlemme nacque da quel momento e Flora prese in affido neonati venuti dall’abbandono, dalla violenza, dalle peggiori tragedie delle periferie esistenziali.

Con l’introduzione della legge 194, giunsero a chiederle aiuto le “ragazze madri” ma nella sua casa non c’era più posto per accoglierle tutte e così Flora impegnò i suoi beni, un ettaro di terreno adiacente la sua abitazione, per costruirvi delle “casette” di accoglienza che fece costruire a sue spese, dove le donne ospitate scoprirono la libertà di non abortire. Non si era trattato di assistenzialismo ma di un recupero di dignità e di autonomia per tornare nel mondo più forti di prima e dove la vera terapia era stata la maternità.

Lettera a una donna ferita dal trauma del post aborto

Da 50 anni Flora accoglie le donne ferite dall’aborto e le assiste, le consiglia, le aiuta a guarire con discrezione, pazienza e tanta delicatezza attraverso colloqui individuali senza orario, in un percorso di accompagnamento tra psicologia e spiritualità; Gesù è infatti l’unico farmaco capace di guarire un cuore da quella ferita viscerale. Così leggiamo nei “Quaderni di spiritualità betlemita” di Flora Gualdani dove si trova la sua ricetta per guarire dal trauma del post aborto. Infatti, così si esprime Flora nella sua pubblicazione “Lettera a una donna ferita”: “Al di là delle ideologie e dei convincimenti, la realtà è che dopo ogni aborto abbiamo inevitabilmente sempre lo stesso drammatico referto: un morto e un ferito. Ferito è il cuore della donna. Che con l’aborto si infligge una ferita viscerale, profonda. Perché viscerale e indelebile è la sua maternità. Non esiste farmaco o psicoterapia capace di sanare quella ferita. E’ soltanto Gesù “il farmaco” che funziona: primario di tutti gli psicologi, Lui conosce fino in fondo il cuore di ognuno di noi.”

Dall’ospedale da campo all’Università dell’amore alla persona, con Facoltà della vita

All’inizio degli anni ’80 vedendo crescere sempre più una povertà culturale sui temi della famiglia, dell’educazione, della procreazione in un Occidente gaudente e sempre più amorale e disperato, Flora, che nel frattempo era diventata ginecologa, comprende l’importanza strategica della formazione in termini preventivi. Frequenta l’Università Cattolica del Sacro Cuore e incontra personalmente Giovanni Paolo II. Fioccano i suoi corsi e i laboratori rivolti ai giovani, agli sposi, a educatori, a sacerdoti e ad operatori sanitari, trasformando Casa Betlemme in una Scuola di Vita. L’impronta è quella del “nuovo femminismo” di Giovanni Paolo II che parte dalla grandezza della maternità come realtà ontologica, cioè sostanza profonda della natura femminile, non accessorio opzionale.  Ascoltiamo Flora e restiamo commosse, innanzitutto come donne e poi come operatrici volontarie per la Vita: “La donna è visceralmente madre: nella mente, nel cuore e nel corpo. E si realizza pienamente soltanto quando vive la sua maternità: che può essere fisica, adottiva o spirituale.”

Gli anticoncezionali hanno fatto il loro tempo; la vera rivoluzione sta nel Rispetto della natura e nei Metodi Naturali

Alfabetizzazione bioetica, teologia del corpo e insegnamento dei metodi naturali per la regolazione della fertilità sono le tre materie di studio che vengono insegnate nella sua scuola di procreatica cercando di contrastare sia il relatismo morale che l’angelismo. “La gente ha bisogno di riscoprire la sacralità della vita ma anche la sacralità del gesto che la consente. Agli sposi e ai consacrati cerco di spiegare che Dio non ci ha fatto con le ali ma con i genitali. Spiego che il Creatore ci ha fatti bene anche dalla cintola in giù. Mentre l’uomo moderno si è illuso di correggere ciò che Dio ha già creato in modo perfetto… Cerco di spiegare la sacralità della fisiologia femminile, in una visione creaturale. E’ cosa ben diversa da chi vorrebbe divinizzare la natura come “madre terra”. Noi vogliamo portare la gente a ritrovare meraviglia e rispetto per le leggi che il Creatore ha impresso nella natura, fatte di armonia e bellezza, per amore.”… Dobbiamo de-medicalizzare la gravidanza, il parto con meno interventismo. Poi hanno capito quanto è importante l’allattamento al seno… L’ultima tappa, che chiude “il cerchio della vita”, sarà la de-medicalizzazione nella gestione della fertilità… Il futuro è nei metodo naturali, ne va della qualità dell’amore e della qualità della generazione, cioè della famiglia. La contraccezione è una proposta vecchia. E anche la provetta non ha futuro. Perché la natura non tollera a lungo la violenza, neppure sulle ovaie…”

Infatti, per ogni bimbo che nasce in provetta, altri embrioni vengono sacrificati…