Perchè proteggere l’embrione è una questione di uguaglianza

La moderna cultura giuridica si fonda sul principio di uguale dignità di ogni essere umano. Questo principio è stato sancito all’interno delle più importanti Costituzioni moderne e nelle Carte internazionali. È la base dei diritti umani.

Il solo fatto di appartenere alla specie umana, infatti, ci rende uguali nella dignità, sebbene diversi per tante altre ragioni. La ricchezza della diversità non può infatti rendere meno forte l’uguaglianza nella dignità.

Costituzione italiana, art. 2

La Costituzione italiana esprime molto profondamente questo concetto all’interno dell’art. 2, Cost., nel quale viene sancito che «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».

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La Costituzione, ovviamente, sulla base anche del dibattito internazionale e della cultura dei diritti umani, riconosce i diritti inviolabili dell’uomo. Cioè prende atto che questi esistano prima della Costituzione stessa. In un certo senso, prende atto di ciò che esiste in quanto tale. E se ne fa carico, impegnando la collettività nel richiedere l’adempimento dei doveri di solidarietà, declinati nella triplice forma: politica, economica e sociale.

Costituzione italiana, art. 3

Sempre la Costituzione italiana, all’art. 3., primo comma, Cost., consacra il principio secondo cui «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Tale dignità, che fonda i diritti inviolabili di ciascuna persona, non ammette distinzioni sulla base, in particolare, delle condizioni personali e sociali.

Questa premessa, ci aiuta a capire perché la teoria dei diritti umani crollerebbe se la legge definisse l’uguaglianza tra le persone sulla base di criteri che non siano quello della dignità dell’uomo. Se così non fosse, infatti, una condizione personale e sociale – come la situazione in cui versa il concepito – diverrebbe, al pari del sesso, piuttosto che della religione, un motivo per accordare o meno il principio di uguaglianza agli esseri umani.

Criteri arbitrari di concessione dell’uguaglianza

Nel Novecento abbiamo potuto sperimentare cosa significa riconoscere la dignità dell’uomo a certe campo di concentramentocondizioni. La triste storia delle dittature del secolo scorso è una memoria che non possiamo dimenticare. Ci insegna, infatti, che ogni criterio arbitrario per la concessione dell’uguaglianza diventa la negazione della giustizia. La negazione dell’umanità.

L’embrione umano possiede diritti inviolabili?

Ebbene, il discorso appena accennato non cambia quando parliamo dell’embrione. L’embrione merita di essere trattato uguale a noi? Possiede, in virtù del principio di uguaglianza, quei diritti inviolabili dell’uomo che sono propri degli esseri umani? La risposta è certamente positiva.

Per non tradire il principio di uguaglianza, infatti, bisogna partire dal riconoscimento dello stesso ad ogni appartenente alla specie umana.

La vita umana inizia dal concepimento

embrione.live actionEbbene, la scienza, ormai, ci permette di affermare che, dal momento del concepimento, origina un essere umano appartenente alla specie umana, con un patrimonio genetico unico e irripetibile che inizia un percorso graduale, continuo, coordinato e finalisticamente orientato. Insomma, il concepito è uno di noi. E non possono essere le condizioni sociali e personali a renderlo inidoneo a divenire titolare dei diritti inviolabili dell’uomo. Perché l’uguaglianza non può essere frutto di una convenzione. Per la definizione di vita umana, e quindi del riconoscimento o meno dei diritti umani e del principio di uguaglianza, il diritto non può infatti rimettersi a parametri soggettivi o convenzionali, ma necessita del criterio meno arbitrario e aleatorio possibile, che non può che essere quello biologico.(La vita umana inizia dal concepimento)

 

( autore dell’articolo: Dott. Massimo Magliocchetti)

Laureato in Giurisprudenza con Lode presso la Pontificia Università Lateranense, poi perfeziona gli studi presso l’Istituto di Bioetica e Medical Humanities (IBioMedH) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. E’ autore di articoli di bioetica e biodiritto su testate giornalistiche e riviste specialistiche. Collabora come docente formatore con enti e associazioni. Da aprile 2019 è segretario regionale del Movimento per la Vita del Lazio.

Si può leggere di più consultando il blog del dott. Massimo Magliocchetti  ( www.massimomagliocchetti.com) e visitando la sua pagina Facebook (https://www.facebook.com/MagliocchettiM/)

 

La convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

Per approfondire quanto spiegato dal giurista, si può leggere il nostro articolo dove si dimostra quanta contraddizione ci sia nel nostro sistema: un giudice spiega la legge 194 e un avvocato disconferma le affermazioni riferibili al concepito. “(…)  la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza [che dice] : “Tenendo presente che, come indicato nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo il fanciullo, a causa della sua mancanza di maturità fisica e intellettuale, necessita di una protezione e di cure particolari, ivi compresa una protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita…”

“All’essere umano va riconosciuta la dignità della persona”: la spiegazione del Cardinal Elio SgrecciaMons. Elio Sgreccia

Aggiungiamo che, se il discorso si spostasse sul piano filosofico, bisognerebbe approfondire la questione relativa all’essere “persona”: quando si è persona? Si è persona o si diventa persona? Illuminanti le parole del Cardinal Elio Sgreccia nell’articolo che si può leggere qui: “(…) Quindi cosa si può e non si può fare sulla persona umana, sull’embrione umano, sul momento della procreazione umana, cosa è lecito e cosa non è lecito, dipende dal rispetto della dignità della persona. Infatti, una frase iniziale del documento dice così: “A ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale va riconosciuta la dignità della persona, principio fondamentale che esprime un grande sì alla vita”. Questo documento si allaccia ad uno precedente, è un aggiornamento rispetto ed un altro documento scritto circa 20 anni fa (sarebbe dovuto uscire giusto per il ventennio, ma si è prolungato un po’ il lavoro ed è uscito poco più tardi) che uscì il 22 novembre 1987, festa della cattedra di San Pietro. Si chiamava “Donum Vitae” – Il dono della vita – ed era tutto dedicato alla bioetica, specialmente a due temi:

-Il rispetto della vita umana nascente, vale a dire dell’embrione e del feto quindi riguardava la fase prima della nascita;

– La dignità della procreazione umana, per cui si dava un primo giudizio delle tecniche di procreazione artificiale, fin ad allora conosciute.”

Il documento analizzato dal Cardinale poi prosegue: (…)

L’embrione umano è persona

fetoQuesto principio già pronunciato nella Donum Vitae è ripreso qui e confermato con una dose di maggiore chiarificazione perché nella Donum Vitae si diceva che non si usava l’espressione “l’embrione è una persona” (perché la parola “persona” è usata in maniera diversa secondo certe filosofie, in maniera diversa in psicologia, in diritto, e allora quand’è così il Magistero non usa quella parola per non creare confusione), però aggiungeva “va rispettato come persona”, e il “come” poteva lasciar intendere “come se fosse anche se non si sa”. Tuttavia nell’edizione latina che fa testo (di tutti questi documenti c’è la versione ufficiale in latino) si usa la parola “uti” che significa “precisamente, tale e quale”. Quindi l’intenzione del documento era di dire che l’embrione va rispettato tale e quale si rispetta una persona, anche se non si usa la parola “persona” per non dare al pubblico una indicazione non univoca per tutti. Questa volta il documento aggiunge che, se l’istruzione Donum Vitae non ha definito che l’embrione è persona per non impegnarsi espressamente su un’affermazione di indole filosofica, ha rilevato tuttavia che esiste un nesso intrinseco fra la dimensione ontologica (quella che è reale) e il valore specifico, cioè tra la realtà e il valore morale c’è un legame ontologico, specifico di ogni essere umano. E questa parola, per chi conosce il linguaggio filosofico, è molto chiara: quando si dice che “ontologicamente l’embrione ha il valore della persona” significa che c’è un legame ontologico tra la realtà e il valore morale e quindi è come se avesse detto che è “persona”. Quindi questo criterio è mantenuto e ribadito nonostante le devianze che ci sono nel mondo.(…)