L’obiezione di coscienza di un Re verso l’aborto

Il 4 aprile 1990 Re Baldovino del Belgio non firmò la legge sull’aborto per una grave crisi di coscienza: la sua fede era entrata in conflitto con i suoi doveri di monarca che lo obbligavano a promulgare un testo approvato dal Parlamento con il quale si depenalizzava l’interruzione volontaria di gravidanza entro le prime dodici settimane dal concepimento. Allora, non volendo essere di intralcio rispetto alle decisioni emerse, dopo lunghe e faticose riflessioni, egli decise di autosospendersi (per brevissimo tempo) dai poteri regali, e, con questo stratagemma, la legge passò.

Primo re obiettore di coscienza, Baldovino era un uomo di profonda fede che crescendo aveva raccolto nel suo cuore diverse ferite, tra cui anche quella della mancata paternità. Con sua moglie Fabiola, che amava, avevano tanto desiderato un figlio ma non era arrivato. Grande il desiderio e altrettanto grande il valore attribuito ad una nuova creatura; quante coppie si trovano in questa difficile ricerca di una gravidanza! No, in cuor loro, certamente pensavano che egli non potesse firmare la legge che autorizzava la soppressione di una vita nascente…

Figlio del re del Belgio Leopoldo III e della principessa Astrid di Svezia, Baldovino era nato a Bruxelles il 7 settembre 1930 e aveva sofferto fin dall’infanzia non solo per la morte della madre a soli 5 anni, ma anche perché gli anni della sua adolescenza erano stati quelli della seconda guerra mondiale, in cui la sua famiglia venne deportata dapprima in Germania e poi in Austria. Dopo la guerra, si rifugiarono in  Svizzera fino al 1950. Ma tornati finalmente in Belgio in un clima politico molto difficile, al fine di non spaccare il Paese tra Fiamminghi e Valloni, Leopoldo decise di abdicare in favore del giovane figlio ventunenne Baldovino, il 16 luglio 1951.

L’impegno politico e le tensioni continue

Gli anni del suo regno, lo videro impegnato in quelle delicate e difficili questioni interne per differenze e rivalità tra comunità linguistiche diverse, portando progressivamente il Belgio verso uno Stato federale. In politica estera affrontò con passione il problema dell’autonomia del Congo belga e ne sostenenne le spinte all’autonomia fino al presidio della Dichiarazione d’Indipendenza del Congo nel 1960, a Leopoldville. Negli anni 50 egli promosse convinto due tappe fondamentali dello sviluppo dell’Europa, quali la fondazione della CECA nel 1951 e successivamente della CEE nel 1957.

L’Uomo Baldovino, con la sua serietà e riservatezza, il suo equilibrio, la capacità di relazione diplomatica, una mente moderna aperta con un concetto di Sovranità sinonimo di “Guida a servizio del popolo”, piaceva molto ai Belgi e venne apprezzato sia come sovrano sia come persona. Perfino l’allora Papa Giovanni Paolo II ne riconobbe lo spessore umano, l’incrollabile fede e l’autorevolezza dello stile di governo quando lo nominò Cavaliere dell’Ordine Supremo del Cristo.

Con Fabiola la consorte, affinità elettive e solida fede cristiana

Terza di sette figli Fabiola de Mora y Aragon era nata a Madrid l’11 giugno 1928. Di nobile stirpe, istruita, riservata, dinamica, indipendente e generosa, per lungo tempo aveva lavorato come infermiera in un ospedale della capitale spagnola ma non riusciva a trovare l’anima gemella. Anche Baldovino, dal punto di vista sentimentale aveva lo stesso problema, finché un giorno, frequentando molto l’ambiente ecclesiastico, si rivolse ad una donna irlandese, una certa Veronica O’ Brien della Legione di Maria, per ricevere un aiuto ad incontrare la persona giusta.
Fu così che la O’ Brien, nelle sue indagini che la portarono in Spagna, venne a sapere di Fabiola che le piacque subito e che fece incontrare al re a Lourdes l’8 luglio 1960. Le nozze vennero quindi celebrate presso la Cattedrale di Bruxelles il 15 dicembre 1961.


Per una decina d’anni la coppia cercò l’erede al trono ma per ben cinque volte, pur rimanendo sempre incinta Fabiola non riusciva mai a portare a termine bene la gradivanza, oppure il bambino nasceva morto; insomma, una delusione cocente per tutti. Nonostante vari interventi, alla fine i sovrani dovettero rassegnarsi a non avere figli. Ma poichè Baldovino sapeva che nulla avviene a caso, un giorno disse: “Ci siamo interrogati sul senso della nostra sofferenza e, a poco a poco, abbiamo capito che il nostro cuore era più libero per amare tutti i bambini, assolutamente tutti i bambini».

Diceva il vero: anche i bambini non nati per il loro supremo Diritto alla Vita!